È aumentato al ritmo di 10,4 miliardi di euro al mese il debito pubblico italiano nei primi otto mesi del 2023: un ritmo superiore sia ai 6,4 miliardi medi mensili del 2022 sia agli 8,8 miliardi del 2021. Il 2023, rispetto ai due anni precedenti, è il peggiore dal punto di vista della corsa del debito: ecco perché gli “occhi” dell’agenzia di rating Moody’s, che venerdì prossimo aggiornerà il giudizio sull’Italia. Rispetto allo scorso anno, la velocità di crescita della “voragine” nelle finanze pubbliche è salita del 62%, mentre rispetto al 2021 è cresciuta del 18%. Tra il 2022 e il 2021 si era invece registrato un rallentamento del ritmo pari al 27%. È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il debito pubblico italiano ad agosto scorso è arrivato a quota 2.840,6 miliardi, in aumento di 83,7 miliardi rispetto al 2022, quando si era attestato a 2.756,9 miliardi, in crescita di 77,3 miliardi sull’anno precedente. «Venerdì 17 novembre Moody’s pubblicherà la sua periodica valutazione sulla finanza pubblica italiana e l’andamento del debito, che si allarga a una velocità sempre maggiore, sarà senza dubbio centrale per il giudizio della principale agenzia di rating del Mondo. I dati sono purtroppo preoccupanti e c’è una responsabilità politica diffusa che certamente non può essere ricondotta solo al governo guidato da Giorgia Meloni che ha ereditato una situazione non semplice» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Banca d’Italia, il debito pubblico italiano ad agosto scorso è arrivato a quota 2.840,6 miliardi di euro, a fine 2022 era a 2.756,9 miliardi, a fine 2021 a 2.679,6 miliardi, a fine 2020 a 2.573,4 miliardi. Nel corso dei primi otto mesi del 2023, la “voragine” nelle finanze pubbliche del Paese è cresciuta in totale di 83,7 miliardi, con una media mensile di 10,4 miliardi, più alta del 62% rispetto al ritmo del 2022 (+4 miliardi), pari a 6,4 miliardi medi mensili, quando il debito era salito complessivamente di 77,3 miliardi. Tra il 2022 e il 2021 si era registrato un rallentamento del ritmo, calato del 27% di 2,3 miliardi. È superiore a 1,6 miliardi (+18%) la differenza tra la velocità di crescita del 2023 e quello del 2021. «Questa situazione è resa ancora più preoccupante dalla trattativa in corso in sede europea in relazione alle norme sul patto di stabilità: in assenza di nuovi accordi, dal prossimo gennaio saremo costretti a rispettare i vecchi parametri bilancio imposti dall’Unione europea e, visto l’andamento dei nostri conti pubblici, corriamo il rischio di dover affrontare un periodo di pesantissimi tagli. È fondamentale che il governo ottenga il più possibile» aggiunge Ferrara.
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