«La pace fiscale che oggi il ministro Matteo Salvini ha ipotizzato sarebbe fondamentale per dare respiro a famiglie e imprese. Sarebbe una misura di democrazia per ristabilire equità a un Paese che non sembra più fondato sul lavoro, ma sembra fondato sulle tasse». Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo i dati aggiornati del Centro studi di Unimpresa, la pressione fiscala in Italia, è passata dal 39% del 2005 al 43,5% del 2023: in 17 anni, il peso delle tasse rispetto al “fatturato” del Paese, misurata cioè col rapporto tra le entrate complessive nelle casse dello Stato e il pil, ha compiuto una corsa al rialzo senza precedenti, con una crescita di oltre quattro punti in più. Il nostro Paese resta in cima alla classifica per il maggior carico di tasse, ma continua a essere uno di quelli in cui le prestazioni pubbliche offerte a cittadini e imprese (in termini di welfare e di servizi) è tra i meno generosi.
Nel ranking dei paesi più tassatori, prima dell’Italia c’è la Danimarca col 46,5%, la Francia col 45,4% e il Belgio col 43,1%, ma in quelle tre nazioni lo Stato è senza dubbio più avanzato del nostro in termini di assistenza e servizi.
È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale in Italia si pagano più tasse anche di paesi dove i servizi pubblici e il welfare sono di alto livello come Svezia (42,6%), Austria (42,1%) e Finlandia (41,9%). Oltre il 75% del gettito fiscale in Italia arriva da Irpef e Iva: se la tassa sui redditi da lavoro dipendente vale, con i suoi 205,8 miliardi di euro, il 41,2% degli incassi dello Stato, il balzello sui consumi si attesta, con 171,6 miliardi, al 34,3%.
Lo Stato italiano, insomma, “campa” tassando lavoro e consumi, che fruttano 377,4 miliardi su quasi 500 miliardi complessivi di gettito, mentre tutti gli altri tributi e imposte – compresi i prelievi sui big della finanza e sulle rendite finanziarie – valgono 122,4 miliardi, pari al 24,5% del totale. I fumatori pagano 11 miliardi (2,2%) per il loro vizio, mentre la tassa sulla speranza (giochi e lotto) si attesta a 5,6 miliardi (1,1%).
Dalle imprese, comprese le grandi aziende, le banche e i gruppi industriali, nelle casse pubbliche arrivano “solo” 45,6 miliardi (9,1%) e i proventi finanziari, invece, assicurano l’1,8% del gettito (8,9 miliardi).
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