Così il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, sul dibattito di oggi attorno all’ipotesi di ulteriore inasprimento dell’imposta sul valore aggiungo che potrebbe passare, in autunno, dall’attuale 21% fino al 23%. “Le conseguenze non sarebbero devastanti solo sul fronte dei consumi – osserva Longobardi – perché uno degli effetti si registrerebbe sul versante della produzione, i cui costi subirebbero una nuova impennata: chi fa impresa deve già affrontare i rincari dei prezzi del carburante e di altre materie prime, un altro giro di vite all’Iva potrebbe comportare il fallimento per centinaia di migliaia di aziende”.
“Senza una svolta, che riteniamo più che mai urgente, volta alla rapida riduzione della pressione fiscale – spiega il presidente dell’associazione – il Paese corre il rischio di andare a fondo. Siamo sicuri che grazie dall’abbattimento del peso delle tasse sui bilanci di famiglie e imprese scatterebbero immediatamente benefici importanti per tutto il ciclo economico. L’Esecutivo non ha scelta se vuole davvero salvare l’Italia e agganciare la ripresa”.
Non solo. “Le imprese italiane – spiega Longobardi – devono fare i conti con alcune peculiarità che rappresentano ostacoli insormontabili per la ripresa del ciclo economico: i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione; le difficoltà di accesso al credito e in generale il rapporto con le banche; l’assenza di una rete infrastrutturale adeguata e non in linea con gli standard europei oltre che internazionali”. Secondo il presidente dell’associazione “si tratta di un quadro drammatico che impone al Governo di Mario Monti il varo di una ricetta su misura per l’economia italiana”. Lavoro, investimenti, fisco, pubblica amministrazione e legalità sono i cinque punti cardine attorno ai quali va innestato un serio e tempestivo piano di rilancio dell’economia italiana contenuti nel Manifesto di Unimpresa “Si salvi chi può” inviato nelle scorse settimane a palazzo Chigi.
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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