predisposto dall’agenzia delle Entrate. Questa la stima di Unimpresa sulla base delle informazioni raccolte nei giorni scorsi attraverso le sedi territoriali, dopo la scadenza del 16 febbraio scorso, ultimo giorno utile per parecchi pagamenti fiscali, contributivi e previdenziali. Secondo l’analisi dell’associazione, l’81,3% delle micro, piccole e medie imprese associate non ha rispettato i termini di legge previsti per il versamento di tasse e contributi all’amministrazione finanziaria.
Si tratta di un trend ormai in atto da tempo e in continuo peggioramento a causa dell’aggravarsi della crisi finanziaria internazionale che ha di fatto prosciugato le casse degli imprenditori. Il dato è in forte aumento rispetto alla rilevazione effettuata nella prima metà del 2014, quando la percentuale si era attestata al 76,5%. “Si supera il primo appuntamento e si punta a pagare subito dopo, appena la cassa lo consente, usufruendo del regime del ravvedimento oneroso, che consente di pagare con sanzioni lievi” spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Il dato sulle imprese non in regola con gli adempimenti fiscali, secondo Unimpresa, è omogeneo in tutti i settori imprenditoriali: dalla piccola industria ai servizi, tutte le categorie sono con l’acqua alla gola. Su 122.000 associate a Unimpresa, stando alla rilevazione a campione effettuata negli ultimi giorni, ben 99.186 aziende non ha potuto fare regolarmente i versamenti all’agenzia delle Entrate, all’Inps e agli altri enti previdenziali e dell’amministrazione finanziaria, tra quante hanno ritardato di pochi giorni e quante hanno selezioni solo alcuni adempimenti. Nell’ambito dell’industria, il settore dell’edilizia, in particolare, resta quello che sembra registrare le maggiori difficoltà e il dato sui “ritardi F24” arriva all’86,3%, mentre la percentuale più bassa registrata è nei servizi (trasporti: 24,2%). Tuttavia le “sofferenze fiscali” sono una sorta di minimo comune denominatore per tutti i comparti economici: alimentazione, arredamenti, metalmeccanici, nautica e poi agricoltura, commercio, trasporti e turismo. Secondo Longobardi, “per le micro e piccole imprese lo sforamento dei termini è una scelta obbligata: la crisi di liquidità non consente ampi margini di manovra e le casse delle aziende, strozzate dalla stretta delle banche sul fronte del credito porta a un vicolo cieco. Spesso di sceglie di lasciare i modelli F24 nel cassetto per avere la certezza di poter pagare gli stipendi”.
Ufficio Stampa Unimpresa
a cura dell’Ago Press
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