Il primo, spiega il Centro studi Unimpresa, riguarda gli investimenti in capitali di rischio per le imprese: il giro di vite sulle rendite potrebbe disincentivare la collocazione di risorse finanziare in strumenti finanziari, come le obbligazioni societarie o i fondi comuni di investimento, che potrebbe ridurre l’afflusso di denaro per le imprese; gli investitori e i risparmiatori potrebbero trovare sempre meno attraenti questo tipo di investimenti rispetto all’acquisto di bot e btp emessi dal Tesoro. Il secondo effetto negativo riguarda il credito: l’aliquota al 26% infatti colpisce anche i conti correnti e i depositi bancari con un aumento inevitabile del costo della raccolta di denaro da parte degli istituti che sarebbero costretti a riconoscere ai depositanti interessi più alti; ciò tuttavia non può che cagionare un alzamento dei tassi sui prestiti concessi sia alle aziende sia alle famiglie.
Secondo Unimpresa, si tratta di due aspetti da valutare a fondo prima di prendere le decisioni definitive. La riduzione di circa 2,5 miliardi di euro dell’Irap è certamente una misura importante e attesa dalle aziende. Ma la contropartita immaginata dal governo per assicurare la necessaria copertura finanziaria alla misura sull’Irap potrebbe avere un risultato non completamente positivo.
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