Due fasce per le tasse sui redditi d’impresa: la prima, quella della aziende più piccole, con fatturato fino a 300.000 euro, prevede una imposta sostituiva con aliquota al 5% per le imprese senza dipendenti, al 3% con un dipendente, all’1% con più di un dipendente; per la seconda fascia, oltre i 300.000 euro di fatturato, verrebbe istituita una flat tax con tassazione su reddito netto con aliquota al 20%. Questi i pilastri del pacchetto fiscale proposto da Unimpresa e inserito nel documento programmatico approvato oggi dal consiglio nazionale dell’associazione.
Oltre a chiedere meno tasse per dare impulso alle imprese, Unimpresa auspica pure la revisione dei finanziamenti europei e lo sviluppo del territorio come forma di rilancio dell’economia. Non solo. L’associazione indica il Mezzogiorno come soluzione ai problemi del Paese, propone un nuovo sistema agroalimentare e un altro modello per il lavoro del futuro. Gli altri punti delle proposte sono il turismo (opportunità imprescindibile), l’internazionalizzazione, il credito e la legalità.
A pochi mesi dall’elezione del nuovo Comitato di presidenza, rinnovato in occasione dell’assemblea straordinaria del 29 novembre, Unimpresa è tornata così a riunirsi, nella sede di Castellammare di Stabia, con tutti i suoi rappresentanti territoriali e di categoria. Oggi sono state illustrate anche le linee di azione e programmatiche dell’organizzazione, alle quali è stato affiancato, dunque, un articolato pacchetto di proposte che verrà sottoposto alle istituzioni nelle prossime settimane.
Al’evento di oggi, insieme con i rappresentanti territoriali e gli esponenti di tutte le federazioni di categoria dell’associazione, erano presenti il presidente, Giovanna Ferrara, e i sette vicepresidenti Mario Braga (agroalimentare), Sabato Caliendo (organizzazione), Maria Concetta Cammarata (capitale umano), Claudio Corti (sanità e welfare), Carlo Primo Fedecostante (competenze regionali e coesione territoriale), Claudio Pucci (fisco e bilanci), Valerio Ricci (mezzogiorno). Con loro anche il segretario generale, Laura Mazza. Ospiti della giornata di lavori del consiglio nazionale di Unimpresa: il vicepresidente del Consorzio per l’internazionalizzazione Cise, Salvatore Attianese; il presidente della Camera di Commercio Italo-Madagascar Ciro Visone; il direttore generale di Ema Assistance, Cosimo Tarantino; il docente di tecnica e legislazione fiscale, Agostino Somma; il docente di comunicazione d’impresa, Claudio Nappo; il presidente di Asso Aig (Associazione professionisti stabiesi architetti, ingegneri e geometri), Massimo Santaniello.
Per quanto riguarda il pacchetto fiscale le aziende più piccole verrebbero agevolate anche da adempimenti amministrativi ridotti al minimo, col solo obbligo delle liquidazioni Iva. Esclusi gli strumenti induttivi di accertamento del reddito. Resterebbe comunque la possibilità di optare per il regime ordinario, che non verrebbe cancellato. Per le aziende più grandi, identificate con fatturato superiore a 300.000 euro, la flat tax al 20% verrebbe applicata al reddito netto, calcolato con la differenza aritmetica tra ricavi e costi.
Unimpresa suggerisce pure la totale abolizione dell’Irap: un primo passo è stato attuato con le modifiche introdotte dal primo governo “Renzi”, che ha abolito la tassazione dell’imposta regionale sulle attività produttive calcolata sul costo del lavoro. Tuttavia continua a permanere l’incidenza di una imposta che non ha nessuna ragione di esistere, se non quella di “fare cassa”.
L’associazione auspica poi l’abolizione delle norme attuali sulle attività estere della piccola impresa. Ciò con particolare riferimento alle norme relative al transfer price, prevedendo sempre la punibilità degli abusi, ma esonerando il piccolo imprenditore (qualifica legata ai volumi di affari) dai costosi e impossibili adempimenti legati alla predisposizione della documentazione “transfer price”. Ad esempio potrebbe essere previsto per questi un ruling obbligatorio “certo” e “fisso”. Inoltre viene proposta la rivisitazione completa della norma che stabilisce la presunzione della “esterovestizione”, escludendola quando la delocalizzazione dell’impresa non coincida con la cancellazione dell’impresa italiana ma una sua “espansione” in termini territoriali. Per ciò che concerne la exit-tax si chiede una maggiore chiarezza interpretativa distinguendo fra la strumentale cessazione dell’attività imprenditoriale in Italia con il trasferimento di beni materiali e immateriali all’estero, e la semplice cessazione con alienazione di beni in Italia e la creazione di una nuova impresa all’estero.
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