Il vicepresidente Spadafora: «La stretta del governo è una pesca a strascico pericolosa che corre il rischio di punire partite Iva e piccole imprese, spesso costrette a non pagare regolarmente le tasse per necessità e non per arricchirsi».
Ammonta a quasi 110 miliardi di euro il totale dell’evasione tributaria e contributiva in Italia. La fetta maggiore del denaro sottratto alle casse dello Stato è legata alle tasse, pari a oltre 98 miliardi di euro; mentre mancano all’appello poco più di 11 miliardi di contributi previdenziali. Ed è l’Irpef (prelievo sui redditi delle persone fisiche) con 38 miliardi (tra i 33 miliardi legati al lavoro autonomo e i 33 miliardi ai dipendenti) la regina dei balzelli “preferiti” dagli evasori, seguita a ruota dall’Iva, con quasi 36 miliardi. In totale, le aziende riescono a nascondere quasi 15 miliardi, sommando gli 8,2 miliardi di Ires (imposta reddito societario) e i 6,5 miliardi di Irap (imposta regionale sulle attività produttive). È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa secondo la quale il fisco non riesce a incassare 5 miliardi di Imu (imposta municipale sugli immobili) e 1,4 miliardi di accise sui prodotti energetici. «L’evasione fiscale è un fenomeno assai diffuso che va affrontato conoscendo tutti gli elementi e soprattutto facendo le doverose distinzioni, mentre il governo, con le misure introdotte nell’ultimo decreto legge vuole dare il via a una pesca a strascico pericolosa che corre il rischio di punire partite Iva e piccole imprese, spesso costrette a non pagare regolarmente le tasse per necessità e non per arricchirsi. Le manette agli evasori con il nuovo tetto oltre 100.000 euro e i super poteri che consentiranno all’agenzie dell’Entrate di trasferire informazioni alle procure della Repubblica sono misure che lasceranno il segno, colpiranno i deboli e probabilmente non risolveranno a fondo il problema del denaro sottratto all’amministrazione finanziaria perché sarà punito chi non ha liquidità» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il Centro studi dell’associazione, che ha elaborato dati del ministero dell’Economia, nel periodo 2014-2016 la media dell’evasione fiscale si è attestata in media a 109,6 miliardi. Nel 2012 il totale del denaro sottratto alla casse dello Stato era a quota 108,1 miliardi, nel 2013 a 107,1 miliardi, nel 2014 a 112,5 miliardi, nel 2015 a 107,3 miliardi e nel 2016 a 109,1 miliardi. Nel dettaglio, l’Irpef è passata dai 36,3 miliardi del 2012 ai 39,2 miliardi del 2016; l’Iva da 36,3 miliardi del 2012 ai 37,1 miliardi del 2017; l’Ires da 8,4 miliardi del 2012 a 8,1 miliardi del 2017, mentre l’Irap da 8,7 miliardi del 2012 a 5,5 miliardi del 2017. Quanto all’Imu, i contribuenti non hanno versato 3,8 miliardi nel 2012 e 4,8 miliardi nel 2017; l’ammanco sul versante delle accise sui prodotti energetici, invece, è passato dai 924 milioni del 2012 agli oltre 2 miliardi del 2017. In netto calo l’evasione del Canone Rai che dal 2016 è stato inserito nella bolletta elettrica: l’evasione relativa alla tassa sul possesso degli apparecchi televisivi era a 887 milioni nel 2012, a oltre 1 miliardo nel 2015 ed è crollata a 225 milioni nel 2017.
«Spesso chi evade, chi paga in ritardo, chi non ottempera a tutti gli obblighi legati dalle norme tributarie è una situazione di estrema difficoltà. Non sono pochi i casi di imprenditori che si trovano di fronte a un bivio. E tra la scelta di onorare un adempimento fiscale o pagare lo stipendio dei dipendenti, si preferisce dare i soldi ai lavoratori, magari per consentire alle famiglie di fare la spesa» aggiunge Spadafora. «Tutto questo non vuol dire arrendersi di fronte alla “vera” evasione o soprattutto di fronte ai casi delle grandi aziende, dell’industria e della finanza, che aggirano sistematicamente le norme fiscali per chiudere i bilanci con utili milionari» conclude il vicepresidente di Unimpresa.
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