Rapporto dell’associazione sulle tasse non pagate dai contribuenti. Ogni anno sottratti all’erario anche 36 miliardi di Iva e 14 miliardi di tributi societari, tra 8,6 miliardi di Ires e 5,2 miliardi di Irap. Il segretario generale Lauro: «Con una riforma fiscale organica, non a tappe, ma chiara, equa e giusta, il governo potrebbe colmare, in un triennio, il gap di gettito»
Sfiora i 110 miliardi di euro il totale dell’evasione tributaria e contributiva in Italia. La fetta maggiore del denaro sottratto alle casse dello Stato è legata alle tasse, pari a oltre 96 miliardi di euro; mentre mancano all’appello poco più di 11 miliardi di contributi previdenziali. Ed è l’Irpef (prelievo sui redditi delle persone fisiche) con quasi 38 miliardi (tra i 5 miliardi legati al lavoro autonomo e i 33 miliardi ai dipendenti) la regina dei balzelli “preferiti” dagli evasori, seguita a ruota dall’Iva, con oltre 36 miliardi. In totale, le aziende riescono a nascondere quasi 14 miliardi, sommando gli 8,6 miliardi di Ires (imposta reddito societario) e i 5,2 miliardi di Irap (imposta regionale sulle attività produttive).
È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa secondo la quale il fisco non riesce a incassare, inoltre, 5 miliardi di Imu (imposta municipale sugli immobili) e 1,7 miliardi di accise sui prodotti energetici. In totale, ogni anno mancano alle casse dello Stato 107,3 miliardi di euro.
«Se il governo varasse una riforma fiscale rigorosa, ma improntata all’equità, e non a tappe, ma chiara, equa e giusta, riuscirebbe anche a colmare il gap di gettito,in un triennio, perché per i contribuenti che oggi evadono sarebbe più conveniente onorare impegni e scadenze piuttosto che correre il rischio di accertamenti e di pesanti sanzioni» commenta il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. «Tuttavia, come spesso già accaduto, anche stavolta siamo di fronte ad annunci e a nulla di concreto. Così sarà sprecata l’ennesima occasione per dare vita ad un sistema tributario trasparente» aggiunge Lauro.
Secondo il Centro studi dell’associazione, che ha elaborato dati del ministero dell’Economia, nel periodo 2015-2017 la media dell’evasione fiscale si è attestata in media a 107,3 miliardi. Nel 2013 il totale del denaro sottratto alla casse dello Stato era a quota 106,5 miliardi, nel 2014 a 110,03 miliardi, nel 2015 a 106,6 miliardi, nel 2016 a 107,02 miliardi e nel 2017 a 108,4 miliardi. Nel dettaglio, l’evasione di Irpef è passata dai 34,7 miliardi del 2013 ai 37,4 miliardi del 2017; l’evasione di Iva dai 34,9 miliardi del 2013 ai 36,8 miliardi del 2017; l’evasione di Ires dai 10,4 miliardi del 2013 ai 9 miliardi del 2017, mentre l’evasione di Irap dagli 8,3 miliardi del 2013 ai 5,2 miliardi del 2017. Quanto all’evasione di Imu e Tasi, i contribuenti non hanno versato 5,1 miliardi nel 2013 e 5,1 miliardi nel 2017; l’ammanco sul versante delle accise sui prodotti energetici, invece, è passato dagli 1,1 miliardi del 2013 agli oltre 2 miliardi del 2017. In netto calo l’evasione del Canone Rai che, dal 2016, è stato inserito nella bolletta elettrica: l’evasione relativa alla tassa sul possesso degli apparecchi televisivi era a 942 milioni nel 2013, a oltre 1 miliardo nel 2015 ed è crollata a 225 milioni nel 2017.
I dati raccolti ed elaborati da Unimpresa per il 2018 sono parziali, poiché non sono ancora reperibili quelli relativi all’evasione contributiva e anche quelli che si riferiscono all’Irpef (circa 31,6 miliardi di ammanco nelle casse pubbliche) non sono completi; nel 2018, in linea con gli anni precedenti, si è registrata un’evasione di Ires pari a 8,9 miliardi e di Irap per 5,06 miliardi; il totale dell’Iva non versata all’amministrazione finanziaria è 33,3 miliardi, mentre mancano 5,1 miliardi di Imu e Tasi oltre a 1,4 miliardi di accise su benzine e prodotti energetici.
«Spesso chi evade, chi paga in ritardo, chi non ottempera a tutti gli obblighi legati dalle norme tributarie è in una situazione di estrema difficoltà. Non sono pochi i casi di imprenditori che si trovano di fronte a un bivio. E tra la scelta di onorare un adempimento fiscale o pagare lo stipendio dei dipendenti, si preferisce dare i soldi ai lavoratori, magari per consentire alle famiglie di fare la spesa» aggiunge Lauro. «Tutto questo non vuol dire arrendersi di fronte alla vera evasione o soprattutto di fronte ai casi delle grandi aziende, dell’industria e della finanza, che aggirano sistematicamente le norme fiscali per chiudere i bilanci con utili milionari» conclude il segretario generale di Unimpresa.
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