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Fisco: Unimpresa, giungla 533 detrazioni e sconti vale 62 miliardi

Il presidente Ferrara: «Rivedere intero sistema tax expenditure per semplificare e redistribuire risorse a soggetti in difficoltà a causa del Covid-19»

Le detrazioni e gli sconti fiscali sono una giungla di 533 voci che vale, nel 2020, oltre 62 miliardi di euro. Si tratta di un sistema che negli ultimi anni è stato leggermente ridimensionato, ma che crea ancora enormi problemi applicativi sia per l’amministrazione finanziaria sia per gli operatori tributari. Sul totale di 533 cosiddette tax expenditure, appena 13 voci (il 2,4% del totale) pesano per oltre 42 miliardi, mentre ben 159 voci (quasi il 30%) valgono appena 367 milioni. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui altri 13 miliardi di sconti e detrazioni si riferiscono a 25 voci (4,7% del totale) e altre 154 voci hanno importi non quantificabili, mentre per 27 detrazioni si tratta di effetti di trascurabile entità. «Poiché si discute di una riforma fiscale, nell’ambito del piano di rilancio del Paese in piena emergenza economica causata dal Covid-19, segnaliamo la necessità di semplificare anche il complesso universo delle detrazioni e degli sconti fiscali. Un intervento oculato potrebbe non solo portare a una auspicabile semplificazione, ma soprattutto potrebbe far emergere altre risorse da redistribuire e destinare a soggetti più in difficoltà, anche per gli effetti della pandemia Coronavirus» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

Secondo la mappa del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Corte dei conti e del Ministero dell’Economia, le detrazioni e gli sconti fiscali valgono nel 2020 62,4 miliardi di euro. Si tratta in totale di 533 voci, la cui distribuzione per classi di costo in termini di gettito risulta poco omogenea, facendo emergere un quadro estremamente complesso e probabilmente poco funzionale sul piano operativo: 367,1 milioni si riferiscono a 159 voci pari al 29,8% del totale; 408,3 milioni si riferiscono a 32 voci (6,0%); 796,4 milioni sono riconducibili a 28 sconti (5,3%); 1,8 miliardi sono attribuibili a 27 voci (5,1%); 3,9 miliardi sono relativi a 29 voci; 12,9 miliardi a 25 voci (4,7%) e 42,1 miliardi, la parte decisamente più rilevante, sono attribuibili ad appena 13 voci (2,4%). Inoltre, risultano, 27 voci (5,1%) i cui effetti sono definiti dalla stessa Commissione ministeriale di «trascurabile entità» e altre 154 voci che hanno un effetto «non quantificabile».

«Il sistema tributario italiano è figlio di leggi che si sovrappongono da oltre 50 anni. A partire dal 1970, il legislatore non ha mai seguito una via ordinata, lasciando spazio a interpretazioni e indicazioni mai univoche arrivata sia a livello ministeriale sia a livello giurisprudenziale. Una situazione alla quale, nonostante le dichiarazioni di rito da parte di esponenti di governo e da parte dei partiti in sede di campagna elettorale, che non solo non è mai stata migliorata, ma che è progressivamente peggiorata e i cui guasti sono stati pagati dai contribuenti italiani, famiglie e imprese» osserva ancora il presidente di Unimpresa, secondo cui «la progressiva introduzione di sconti e agevolazioni fiscali ha contribuito a rendere complicato e incerto il quadro normativo. Proprio l’incertezza normativa, rende il nostro Paese meno attrattivo per gli investitori e non solo quelli esteri».

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