Per le aziende con volume d’affari fino a 300.000 euro una tassa secca al 5% per chi ha dipendenti a tempo determinato e al 3% per quelle che hanno lavoratori a tempo indeterminato; il prelievo ordinario andrebbe poi fissato con una aliquota flat al 20%, ma con diversificazioni secondo la propensione a fare investimenti e assunzioni. Tre aliquote per l’imposta sui redditi delle persone fisiche con una no tax area fino a 10.000 euro: 25% fino a 50.000 euro, 37% fino a 200.000 euro e 45% oltre 200.000 euro. Tassazione dei dividendi percepiti da società di persone e società a responsabilità limitata con una imposta sostitutiva al 10%. E ancora: Iva al 19% secondo la media praticata nell’Unione europea con una fascia di esenzione totale fino a 50.000 euro di fatturato. Queste le principali indicazioni in campo tributario che Unimpresa suggerisce alla Lega e al Movimento 5 Stelle oltre che al governo appena insediatosi e affidato al premier Giuseppe Conte. “Serve una rivoluzione fiscale perché abbiamo un carico fiscale sia in termini di esborso di denaro sia in termini di adempimenti che non è più sopportabile. L’Iva al 22% e il carico complessivo delle imposte che in termini reali supera quota 60% sono fuori delle medie europee e mondiali oltre che contrari a una logica di sviluppo” dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. “Il pacchetto presentato dal governo purtroppo è il solito contentino. Si sta parlando di un ampliamento del regime forfettario a 50.000 euro, ma questa norma non rappresenterebbe una riforma volta a introdurre un diverso sistema di tassazione, sarebbe un palliativo” aggiunge Pucci.
Nell’ambito della tassazione d’impresa, l’Irap è oggetto di grande attenzione: Unimpresa osserva anzitutto che il calcolo dell’imposta regionale sulle attività produttive nella sostanza colpisce, oltre agli utili, anche alcuni costi indeducibili; ciò con un significativo incremento del tax rate, soprattutto per le pmi che ricorrono ai finanziamenti bancari. Di qui la necessità di rivedere i meccanismi volti alla creazione della base imponibile, restringendola significativamente. Nel campo della riscossione, viene proposto un patto di rientro dei pagamenti coi tempi necessari, calibrati sulla realistica disponibilità del contribuente, e la stipula di accordi convenzionati, a tasso zero, con le banche, qualora ci fosse necessità di liquidità. Unimpresa suggerisce poi di rafforzare gli incentivi fiscali per la ricerca e per l’internazionalizzazione: strumenti di aiuto alle aziende da indirizzare soprattutto alle micro e piccole imprese, le più penalizzate per le loro capacità finanziarie e strutturale. Tra le idee, agevolazioni e incentivi specifici per i raggruppamenti di pmi, accompagnati dall’introduzione di strumenti a basso costo di controllo sugli investimenti (come perizie e due diligence). Quanto all’internazionalizzazione, l’associazione propone di abrogare tutte le norme “presuntive” che, di fatto, costituiscono un ostacolo alla delocalizzazione di aziende italiane all’estero (exit tax, esterovestizione, transfer price); viene proposto, poi, di estendere l’agevolazione della “branch exemption”, che riguarda solo le multinazionali, anche alle piccole imprese e micro imprese, allargandola alle newco costituite all’estero, purché controllate dalla società-madre italiana.
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