L’indice complessivo della produzione industriale in Germania rimane inferiore del 13% rispetto ai livelli pre-pandemici. Il calo registrato a settembre pari a meno 2,5% su base mensile e a meno 4,6% su base annua è un risultato inferiore alle aspettative generali, ma viene da lontano. Tale flessione segue un rimbalzo significativo del mese precedente, successivamente rivisto al ribasso a +2,6% su base mensile. Il terzo trimestre si conclude quindi con una contrazione dell’output industriale del -1,9% su base trimestrale, la seconda consecutiva, peggiorando rispetto al -1,3% registrato in primavera. È quanto sottolinea il Centro studi di Unimpresa, secondo cui nella sola manifattura, la produzione tedesca è diminuita del -2,7% rispetto al mese precedente, partendo da un +3,4%. I cali sono diffusi: i beni strumentali (-4% m/m; -5,1% a/a), i beni intermedi (-1,6% m/m; -6,9% a/a) e i beni di consumo (-1,4% m/m; -1,6% a/a) mostrano tutti segni di rallentamento. Il settore automobilistico, che aveva avuto un aumento robusto il mese scorso (+15,4%), ha subito un brusco calo del -7,8%, in linea con le aspettative. Anche i settori ad alta intensità energetica hanno subito riduzioni (-3,3%), con un calo particolarmente marcato nella chimica (-4,3%), mentre la meccanica ha registrato una crescita del +1,7%.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, la frenata registrata in Germania non ha risparmiato l’energia (-2,1%) né le costruzioni, che hanno visto una contrazione mensile dell’1,4% e chiudono il trimestre con un calo complessivo dello 0,5%, dopo il -2,4% del trimestre primaverile. Negli ultimi trimestri il valore aggiunto della manifattura è diminuito, anche se meno drasticamente rispetto alla produzione industriale mensile, suggerendo che i settori a maggior valore aggiunto resistono meglio, mentre comparti più energivori faticano a recuperare la capacità produttiva persa, con un output inferiore di quasi il 20% rispetto al picco pre-conflitto in Ucraina. Gli ordini industriali sono aumentati del 4,2% su base mensile, parzialmente compensando il calo di agosto (-5,4%). Anche escludendo le commesse ad alto valore aggiunto, gli ordini sono aumentati del 2,2%, ma non abbastanza da annullare il calo precedente (-3,2%), chiudendo così il trimestre con una riduzione dello 0,6%. Pur mostrando una leggera stabilizzazione, gli ordini restano bassi e non indicano una ripresa sostenuta a breve termine. I dati sul commercio estero mostrano una contrazione dell’export (-1,7%) e un rimbalzo dell’import (+2,1%). Su base annua, le esportazioni sono quasi stabili (-0,2%), indicando una domanda estera debole verso la Germania.
«Con una congiuntura economica ancora fragile, la Germania affronta nuovi rischi al ribasso a causa di un quadro politico e internazionale sempre più turbolento. La crisi di governo ha toccato un punto critico con la rimozione del ministro delle Finanze Lindner, seguita dall’annuncio di un voto di fiducia da parte del cancelliere Scholz, previsto per il 15 gennaio. Se, come previsto, la fiducia venisse respinta, il paese si avvierebbe verso elezioni anticipate in marzo. Una preoccupante fase di stallo, ulteriormente aggravata dalla natura litigiosa della coalizione di governo, che ha impedito risposte concrete ai problemi economici strutturali e complicato l’accordo sul bilancio, aprendo un vuoto decisionale che indebolisce anche la leadership europea. Sul piano internazionale, il prossimo governo statunitense potrebbe accentuare i rischi, con una politica commerciale più restrittiva che colpirebbe la Germania più di altre economie europee, dato che l’export tedesco verso gli USA rappresenta il 10% del totale e quasi il 4% del PIL. Sebbene nel breve termine una piena attuazione dei dazi ipotizzati resti improbabile, l’impatto di eventuali misure potrebbe farsi sentire nel 2026, mentre già nel 2025 potrebbe verificarsi una frenata della crescita dovuta all’incertezza e al calo della fiducia economica» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
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