di Marco Massarenti, Presidente Unimpresa Sport
Oggi, come ogni anno, dal 1974, si celebra la Gionata Internazionale dell’Infermiere. Data che coincide con la nascita di Florence Nightingale, filosofa e fondatrice dell’infermieristica moderna. Istituita dal Consiglio Internazionale degli Infermieri nasce per sottolineare l’importanza del ruolo di questa figura professionale sanitaria.
L’appena trascorsa emergenza sanitaria globale ha sicuramente acceso i riflettori sulla figura professionale dell’infermiere, accentuandone il delicatissimo ruolo volto alla cura assistenziale totale del malato. Tra le mansioni che svolge l’infermiere va oltretutto ricordata l’attività di mediatore tra l’utente stesso, la sua famiglia, il medico di base, i servizi ospedalieri e territoriali. È questo il modus operandi di questi lavoratori che favoriscono la crescita di processi di cura e di assistenza nell’ambito della continuità e della fiducia. Nel nursing infatti, c’è qualcosa di più dell’insieme degli interventi tecnici che gli infermieri possono attuare.
Quella dell’infermiere, si sa, è una missione che deontologicamente ha a cuore la cura delle persone intorno a sé e dei loro bisogni. L’attività infermieristica è infatti regolamentata dal Codice Deontologico degli infermieri dove sono enunciati i valori, le modalità e i princìpi etici con cui questa deve svolgersi.
È indispensabile quindi, sentire e vivere questa professione come un vero e proprio mandato. Chiunque voglia avvicinarsi a questo lavoro deve comprenderne sin da subito i valori di umanità ed empatia verso il paziente perché è quella persona che si occupa del malato durante il suo processo di cura sino al recupero dello stato di salute.
In ambito sanitario la relazione tra il malato e l’infermiere rappresenta una relazione d’aiuto dove l’infermiere (aiutante) è l’esperto che offre risorse e aiuto qualificato all’aiutato (malato) che si trova in stato di bisogno. Il tipo di assistenza svolto da questa figura consiste nell’assumere come problema sanitario di propria competenza, non solo la malattia, ma anche tutte le sue conseguenze.
Lavorare come infermiere significa, quindi, essere aperti a un forte coinvolgimento emotivo oltre che sapersi relazionare: è anche da qui, e non solo dal suo indispensabile intervento tecnico di alta responsabilità, che spesso l’infermiere trae le proprie gratificazioni e il proprio senso di realizzazione. È dalla sua formazione che nasce la necessità di sentirsi utile per gli altri.
Quantunque il ruolo è sicuramente di fondamentale importanza stiamo a discutere però di una professione che in Italia, nonostante il fabbisogno di figure assistenziali risulta essere in numero occupazionale carente. Questa figura sta correndo il rischio di essere sempre meno appetibile. Gli infermieri italiani sono quelli che percepiscono lo stipendio più basso d’Europa, non godono di incentivi e stimoli di carriera.
La Corte dei Conti si è espressa sul tema, commentando la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2022 (NADEF), approvata dal Governo Draghi: il personale infermieristico italiano è “pesantemente sottodimensionato”.
Secondo la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), il numero di infermieri attivi in Italia è di circa 395mila. Di questi, 270mila lavorano presso il Servizio sanitario nazionale (SSN), 45mlila sono professionisti autonomi e 80mila lavorano presso strutture private.
Sempre secondo la Fnopi, servirebbero circa 63.500 infermieri in più rispetto a quelli attuali, con 27mila infermieri mancanti al Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.
Oltretutto, in base all’ultimo rapporto Health at a Glance: Europe 2022, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in collaborazione con la Commissione Europea, nel 2020 all’interno del personale sanitario la proporzione era di 1,6 infermieri ogni medico in Italia, rispetto alla media europea di 2,2.
Nursing Up, ricorda che a livello europeo siamo il paese che continua ad avere uno degli stipendi più bassi in assoluto per la categoria in quanto altri garantiscono un fisso mensile adeguato nonché scatti di carriera. Addirittura, ci sono paesi come Lussemburgo e Olanda, che ci surclassano in termini di retribuzione. Non da meno il territorio ticinese dove ospedali e case di cura cercano infermieri italiani.
Il problema infatti, si pone soprattutto in Lombardia.
Secondo i dati forniti dall’Asst Lariana, che opera nelle province di Como e Varese, nel 2021 sono stati 283 i professionisti sanitari che hanno abbandonato il lavoro. Un centinaio di loro ha oltrepassato il confine dove hanno trovato una dimensione totalmente favorevole con uno stipendio pari a 5.000 euro al mese a fronte dei 1.400.
In tanti quindi hanno scelto di lavorare in pianta stabile in territorio elvetico ma la notizia peggiore è che a queste condizioni in tanti altri ancora sceglieranno di farlo nonostante il nuovo disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 3/12/2021. Con questo intervento, viene modificata la tassazione dei lavoratori frontalieri Italia-Svizzera, penalizzandoli, ma a conti fatti risulta comunque conveniente lavorare oltre confine.
Questo nuovo accordo prevede che l’imposta sui redditi venga applicata nello Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa, sui redditi da lavoro dipendente esercitati dal lavoratore. La percentuale sarà applicata entro il limite dell’80% di quanto dovuto nello stesso Paese in base alla normativa sulle imposte sui redditi delle persone fisiche. Ovviamente, i lavoratori frontalieri saranno soggetti a tassazione anche in Italia, che eliminerà la doppia imposizione, riconoscendo al lavoratore un credito d’imposta per l’imposta pagata in Svizzera (ex art. 24 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera ex art. 165 del Tuir). A fronte di questa situazione la necessità ora è quella di mettere in atto un piano calmieratore creando una zona franca per la fascia di confine con la Svizzera che consenta benefici fiscali alle imprese e ai lavoratori italiani e lombardi di rimanere nel nostro paese.
Ebbene quindi che figure sanitarie con titolo infermieristico, cruciale avamposto per la tutela della salute, vengano valutate e rivalutate in quanto aventi diritto. Puntare su un incremento della base contrattuale, su un maggiore riconoscimento economico posto sull’esclusività della loro professione e dare loro la possibilità di fare carriera è sicuramente un piano che l’Italia, per il bene di tutti non può più ignorare.
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