X

La Grande Bellezza del Made In Italy: Quale futuro?

di Marco Salustri

“Nell’attuale contesto socio-economico, molto è stato scritto sulle questioni finanziarie e su quelle fiscali ma è evidente a tutti gli operatori (e non) che il nostro “efficientissimo” sistema fiscale non sia in linea con le vicissitudini storico/politiche che il nostro Paese affronta in questo momento. Il fisco italiano deve rispondere, infatti, ad un’austera corrispondenza con l’Unione Europea che impone al nostro Paese parametri durissimi a cui i cittadini italiani sono costretti ad adeguarsi tramite il pagamento di imposte e tasse che hanno superato, ormai, il 60% della pressione fiscale.  

Proprio l’Unione Europea, oggi, si trova difronte a due strade che conducono a destinazioni diametralmente opposte: la disfatta, oppure un‘unione più forte ed equilibrata nei confronti dei suoi membri.  E’ certamente impensabile un’austerity fiscale dopo la ripresa perchè le nostre imprese sono allo stremo e non sono, purtroppo, in grado di garantire quel minimo di posti di lavoro, già fortemente gravati da costi eccessivi. Si pensi, ad esempio, al Veneto che non ha potuto rinnovare, e così garantire, oltre 40.000 posti di lavoro a causa del virus.  Si pensi, ancora, all’export che garantisce entrate, per oltre il 70%, a molte imprese del centro nord.

Cosa accadrà se queste imprese non saranno in grado di ripartire subito? La risposta è, drammaticamente, semplice: i competitor internazionali prenderanno il loro posto e le nostre imprese, di cui molte storiche, chiuderanno definitivamente le proprie attività. Cosa ne sarà del nostro Paese? Delle famiglie italiane? Del nostro tessuto sociale già diviso e affaticato da questa “reclusione” forzata? Una soluzione auspicabile sarebbe quella di un modello fiscale e finanziario Giapponese che, recentemente, ha avviato uno choc fiscale di oltre 120 miliardi di dollari, con debito pubblico che si aggira al 240%, percentuale ben più consistente rispetto alla nostra.

Ma allora perchè noi non possiamo farlo? Semplice, dobbiamo rispettare i parametri imposti dall’Unione Europea che, in questo momento critico, ci ha “gentilmente concesso” di ampliare il debito pubblico ma non certo tramite una gentile concessione, così che, conseguentemente, andrà concordato con loro un piano di rientro. Un piano che chiaramente andrà ad incidere dolorosamente sulle imposte e sulle tasse che presseranno le pmi, i lavoratori autonomi ed i dipendenti. L’austerity fiscale ha creato, da sempre, depressione economica e aumento del debito pubblico con la conseguenza del calo dei consumi e la speranza, da parte delle imprese, che non cali mai l’export. 

L’economia aziendale ci insegna che una policy basata esclusivamente sui tagli porta al fallimento, bisogna piuttosto puntare sull’incremento del fatturato e la razionalizzazione dei costi stessi, cosa ben differente dei classici “tagli”. Deve necessariamente esserci una burocrazia informatizzata, veloce e pratica a cui gli imprenditori possano accedere semplicemente tramite il loro computer. Un sistema fiscale con meno norme che, inevitabilmente, portano l’imprenditore a sbagliare nel conteggio delle stesse e, soprattutto, a non poter mai, e sottolineo mai, preparare una programmazione fiscale chiara.

Come si può, infatti, fare un business plan credibile e sostenibile quando le norme fiscali cambiano di continuo? E’ credibile? E’ utile? E’ sostenibile? Penso che la risposta sia piuttosto semplice: no.  I nostri imprenditori, anche di medie dimensioni, navigano a vista. Fanno i conti a “mente” perchè sanno benissimo che non possono guardare oltre 6 mesi per capire come indirizzare la propria attività e reperire i fondi per pagare la lunga lista di imposte e tasse che li attenderà, ogni anno, tra giugno e novembre.  La normativa fiscale italiana è scritta su una grande lavagna, con uno stile disordinato, confuso e con errori macroscopici, quasi fosse scritto da un bambino di seconda elementare che sta prendendo confidenza con la scrittura stessa e con l’uso delle parole.

Su questa lavagna deve essere dato un deciso colpo di spugna e riscritto tutto, non da blasonati professori che idealizzano processi macroeconomici, forse adeguati ad un sistema flessibile ed elastico come quello anglosassone, ma da  tecnici che, ogni giorno, si confrontano con le imprese, che conoscono quali siano le difficoltà pratiche che affrontano gli imprenditori quando si alzano la mattina per andare a lavorare, che conoscono dunque le loro paure, le loro perplessità. L’imprenditore italiano è come un artista, un pittore, un fotografo che imprime sulla tela della sua mente un progetto e lo realizza, come farebbe un antico maestro che ha lavorato in Europa prima del XIX secolo. Non dimentichiamo mai che gli artigiani italiani che lavorano in campi che vanno dall’abbigliamento alla meccanica, dal settore alimentare a quello tecnologico, hanno reso famosi tutti noi nel Mondo. E’ auspicabile che questo genio venga finalmente aiutato ad emergere, come un tempo, senza la paura di essere soffocato da un sistema fiscale che scoraggerebbe anche il più temerario degli imprenditori.”

 Marco Salustri – Consigliere nazionale Unimpresa

Related Post