di Giovanna Ferrara, Presidente Unimpresa
L’Italia si trova ad affrontare una sfida ambiziosa per i prossimi anni. I dati riportati nel Piano Strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 evidenziano un obiettivo chiaro: ridurre drasticamente i livelli di mancata partecipazione al mondo del lavoro. Secondo le previsioni del governo inviate alla Commissione europea, il tasso di mancata partecipazione dovrebbe diminuire fino a raggiungere il 10% già entro il 2029, con un calo significativo che tocca il 12,3% nel 2023 e prevede di scendere ulteriormente a circa il 10% per il 2029. Sembra un traguardo notevole, ma sorgono dubbi sulla sua fattibilità e sui mezzi che il governo intende adottare per supportare questa crescita. Se l’Italia aspira a portare avanti questa strategia ambiziosa, l’unica via è, dunque, un incremento significativo dell’occupazione. L’obiettivo di ridurre la mancata partecipazione implica, infatti, la creazione di posti di lavoro su larga scala. Ma come pensa di fare il governo per mettere le imprese in condizione di rispondere a tale sfida? Il tasso di disoccupazione complessivo, insieme alle cifre di mancata partecipazione, suggerisce che la struttura produttiva italiana deve essere rivoluzionata, e non solo nelle grandi imprese.
I dati sulle previsioni della mancata partecipazione al lavoro evidenziano plasticamente l’ambizione del governo: il tasso di mancata partecipazione totale dovrebbe scendere dall’attuale 12,3% al 10%, con andamenti simili sia per gli uomini sia per le donne. Ciò significa che, in soli cinque anni, il governo prevede di creare un ambiente economico tale da assorbire una parte significativa della forza lavoro attualmente inattiva. Questo pone un interrogativo critico: il sistema produttivo è pronto per sostenere questo passo? O ancora più importante, il governo dispone degli strumenti necessari per supportare le imprese, soprattutto quelle medio-piccole, nella creazione di nuovi posti di lavoro? L’aumento dell’occupazione, in prospettiva, potrebbe essere raggiunto attraverso una serie di interventi mirati. Tuttavia, si tratta di iniziative che richiedono un sostegno finanziario notevole e una riforma strutturale del sistema fiscale e delle politiche di incentivazione alle imprese. Le aziende, in particolare le pmi che rappresentano una parte significativa del tessuto produttivo italiano, affrontano un elevato carico fiscale e costi del lavoro che ostacolano la loro capacità di assunzione. Anche se il governo ha già introdotto alcuni incentivi, questi appaiono insufficienti rispetto all’obiettivo fissato.
Il settore privato dovrà farsi carico della maggior parte di queste nuove opportunità lavorative. Ma in un contesto in cui il carico fiscale sulle imprese rimane elevato, ci si chiede se queste saranno in grado di investire e assumere. Mentre i grandi gruppi possono beneficiare di economie di scala e accesso più facile ai capitali, le pmi, cuore dell’economia italiana, continuano a lottare contro una burocrazia complessa e un sistema fiscale gravoso. Le aziende, specie le più piccole, si trovano strette in un sistema che spesso penalizza l’assunzione di nuovo personale a causa dei costi elevati e delle complessità burocratiche. Per raggiungere un tasso di partecipazione così alto in tempi così brevi, appare evidente che il governo debba compiere uno sforzo concreto per alleggerire il carico fiscale. Ciò è essenziale per permettere alle imprese di investire e ampliare il loro organico. Nonostante le recenti misure di incentivo, resta da vedere se il governo intenda accelerare il percorso di riduzione delle imposte per favorire l’occupazione. Un cambiamento reale non può prescindere da un impegno serio verso una riforma fiscale che possa, da un lato, garantire risorse al settore pubblico e, dall’altro, incentivare la crescita del settore privato.
Alla luce di queste considerazioni, l’obiettivo del governo potrebbe apparire più come una speranza che una previsione realistica. Se davvero si intende ridurre la mancata partecipazione al lavoro a livelli così bassi, non basta solo prevedere nuovi posti di lavoro; è fondamentale creare le condizioni per cui questi siano sostenibili e ben remunerati. E se è questo il caso, il percorso di riduzione del carico fiscale sulle imprese, specie quelle più piccole, deve essere accelerato. L’interrogativo centrale, dunque, è se il governo sia davvero disposto a prendere decisioni radicali per raggiungere un obiettivo così ambizioso. Senza una decisa svolta nelle politiche fiscali, il rischio è di trovarsi di fronte a un piano che, per quanto ambizioso, potrebbe rivelarsi difficile da realizzare.
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