X

Il sistema fiscale italiano: un’anomalia da correggere urgentemente per riattivare lo sviluppo.

di Marco Salustri

L’incertezza fiscale è uno degli elementi che ha sempre caratterizzato negativamente l’espansione e la crescita economica delle imprese.

Si tramuta, di fatto, in un costo che grava sulle casse degli imprenditori che devono costantemente adeguare le proprie proiezioni economiche a mutamenti normativi che prendono forma anche dopo mesi dalla precedente metamorfosi.

Non è certamente una novità che le imprese italiane non riescano a fare programmazioni finanziarie serie a differenza degli alleati europei, i cui budget e business plan mantengono una coerenza stabile a medio lungo termine.

Di fatto l’Italia è sempre alla rincorsa di un pareggio di bilancio che fatica a concretizzarsi e che deve rigorosamente rispettare il Patto di bilancio entrato in vigore nel gennaio 2013.

E’ urgente una rimodulazione dell’Ires che preveda un abbassamento dell’aliquota corrente del 24% con l’obbligo per le imprese di rinvestire gli utili detassati. Questo consentirebbe, alle stesse, di crescere, assumere forza lavoro e competere con le imprese estere senza il timore di soccombere o svendere le proprie partecipazioni societarie.

Fondamentale, inoltre, rivedere gli scaglioni Irpef al fine di rendere più eque le aliquote marginali che oggi, nelle fasce centrali, che vanno dai 28.001 ai 55.000 e dai 55.001 ai 75.000, creano distorsioni pesanti. Infatti, nella prima fascia descritta, l’aliquota prevista è il 38% che, con addizionali varie, arriva a circa il 40%, mentre nella seconda, che arriva a ricomprendere redditi fino a 75.000 euro, sale al 41%. Di fatto non equa, né corretta nei confronti di chi ha fatturato di meno.

I liberi professionisti sono sempre stati visti dal fisco come grandi evasori. Forse qualcuno lo è, ma basta leggere un recente studio di Federcontribuenti per accorgersi che non è esattamente così. Il numero delle partite Iva, infatti, è sceso di circa il 40% negli ultimi tre anni e, al contempo, molte partite Iva “sopravvivono” con un fatturato, al netto delle imposte, di 17.000 euro.

Anche per l’Iva non ci sono dati incoraggianti, sebbene sia stata protagonista di entrate tributarie pari ad oltre 130 miliardi di euro nel 2018, ma, per l’appunto, con un’evasione di circa 37 miliardi di euro. Quest’imposta è sempre stata utilizzata come una sorta di “tappabuchi” per arrivare a coprire le entrate fiscali che non vengono soddisfatte dall’Ires e dall’Irpef e, quindi, utilizzata come imposta marginale. Una rimodulazione e un abbassamento delle aliquote per macro aree Iva diventano indispensabili per ridimensionare la sua evasione e migliorare quantitativamente il gettito. 

Un aspetto ulteriore ed urgente sarebbe quello di condonare una parte dei circa otto milioni di cartelle, che dovrebbero essere emesse nel 2021, per dare respiro finanziario alle imprese e consentire loro, al pari di quanto scritto per l’Ires, la possibilità di rinvestire quanto concesso con il condono stesso.

Queste incongruenze fiscali, in estrema sintesi, rappresentano una forte anomalia del sistema tributario italiano, di cui non si può più rinviare una riforma generale che il governo proclama, ma non riesce a portare a compimento.

E’ urgente, inoltre,  sanzionare una burocrazia impenitente che crea ostacoli alla crescita imprenditoriale, abbassare il costo del lavoro e sbloccare i finanziamenti bancari, che ancora oggi non sono stati erogati alla maggioranza delle imprese. Ma, soprattutto, riscrivere, al più presto, l’intero sistema fiscale italiano.

Related Post