“Non abbiamo dati precisi: tuttavia negli ultimi giorni stiamo ricevendo molte segnalazioni di difficoltà da tutta Italia” spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Quello dell’Imu è l’esempio lampante di come lo Stato stia portando la pressione fiscale a livelli insopportabili e, allo stesso tempo, stia rendendo la vita impossibile ai contribuenti: invece di semplificare, si introducono norme e adempimenti di enorme complessità. Altro che semplificazione”.
Le segnalazioni dei Caf fanno emergere difficoltà anzitutto sui conteggi: la presenza di due enti impositori (o creditori), cioè lo Stato e il Comune, in relazione agli immobili diversi dall’abitazione principale, impone la duplicazione dei calcoli. Articolati doppi conteggi che stanno mettendo in crisi anche gli esperti: per la parte relativa allo Stato, la metà, l’aliquota da tenere in considerazione è lo 0,76%; mentre per l’altra metà dipende dalle decisioni delle singole amministrazioni territoriali: la maggiore imposta derivante dall’eventuale incremento dell’aliquota oltre lo 0,76% va versata, infatti, nelle casse degli enti locali. Tutto dipende, quindi, dalle delibere, con gli enti locali che si sono mossi in ordine sparso e solo rintracciare gli atti ufficiali dei comuni è una operazione non semplice.
L’altro nodo è l’esatta individuazione della rendita catastale. Altro aspetto è la variabile tempo che si aggiunge alle “novità” appena elencate: tutti i calcoli vanno infatti rapportati all’esatto periodo di possesso di un fabbricato o di un terreno edificabile; stesso discorso per quanto riguarda l’eventuale agevolazione “prima casa”. Fattori che, complessivamente, non agevolano la determinazione dell’imposta da versare col saldo del 17 dicembre.
Quanto al versamento, uno degli elementi critici è rappresentato, in relazione alle seconde case, dal dover indicare due importi distinti per la quota relativa allo Stato e per quella di competenza del comune in cui è situato l’immobile o il terreno. L’introduzione del bollettino postale, che si affianca al modello F24, è certamente una opzione in più per i cittadini; tuttavia, il limite ai pagamenti in contanti a 1.000 euro potrebbe limitare l’utilizzo di questo strumento per chi non ha carte di credito o chi ha una tessera bancomat con tetti di spesa contenuti.
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