I proprietari di abitazioni principali chiamati all’appuntamento con uno dei peggiori gineprai fiscali italiani sono circa 9,2 milioni. La confusione a cui si assiste in queste ore è generata anzitutto dalla norma che consente ai comuni di far pagare la quota di imposta relativa all’aumento stabilito nel 2012 e nel 2013 rispetto all’aliquota ordinaria (4 per mille) rende estremamente probabili errori nella determinazione degli importi da pagare entro venerdì 24 gennaio. Data entro la quale va saldato con i sindaci pure il conto della Tares: nei giorni scorsi, nelle buche delle lettere degli italiani sono stati recapitati due bollettini (un Mav e un modello F24) con i quali versare l’addizionale 2013 relativa al tributo sui rifiuti. Un doppio versamento, in tutti e due i casi di importi non particolarmente elevati, che tuttavia sta mandando in tilt i Centri di assistenza fiscale.
“Siamo sconcertati. I contribuenti vanno rispettati di più. Questo doppio pasticcio fiscale – osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – è la prova che il Governo di Enrico Letta non ha mantenuto le promesse: proprio sull’Imu il premier, nel suo discorso di insediamento, a maggio dello scorso anno, aveva assicurato che il vecchio regime impositivo sugli immobili sarebbe stato superato e aveva prospettato un miglioramento basato sulla semplificazione”. Secondo Longobardi “con la nuova Iuc i cittadini e le imprese sono stati presi in giro: non si tratta di una tassa unica, ma restano in piedi tutti i precedenti balzelli, peraltro con un’enorme complicazione da un punto di vista di conteggi. Si dovranno ancora pagare sia la tassa sui rifiuti, che ora si chiama Tari e non più Tares, sia la tassa sugli immobili, sotto il nome di Tasi, tassa sui servizi indivisibili. E come se non bastasse, su seconde case, negozi e capannoni resta in vigore la vecchia Imu. E’ una barzelletta”.
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