Il rialzo dei prezzi non si è fermato nemmeno a ottobre: la corsa senza sosta dell’inflazione sta proseguendo e crescono i rischi di una forte contrazione dei consumi finali. Se in Europa l’accelerazione dell’inflazione registrata a ottobre è arrivata al 4,1%, in Italia le stime preliminari indicano un aumento del 2,9%. Un quadro che, nonostante le rassicurazioni della Banca centrale, europea, rende difficile immaginare che, entro il 2022, l’inflazione nell’area euro possa tornare entro il target del 2%. È quando sostiene il Centro studi di Unimpresa, secondo il quale entro la fine dell’anno la corsa dei prezzi al consumo potrebbe superare, nel nostro Paese, la soglia del 3%. Sono i beni alimentari, il costo dei canoni di locazione degli immobili e il prezzo del carburante per i mezzi di trasporto i tre ambiti maggiormente toccati da significativi incrementi. «Tutto ciò comporta una inevitabile, preoccupante ripercussione sulle prospettive di crescita dell’economia e di uscita dalla crisi cagionata dalla pandemia. I consumi potrebbero subire un impatto drammatico e, se da un lato ci allarma la situazione delle famiglie, molte delle quali ancora pesantemente segnate, su molti fronti, non solo strettamente economici, dagli effetti del Covid, guardiamo alle conseguenze sull’economia in generale. Conseguenze con le quali anche il governo potrebbe essere costretto a fare i conti mentre la legge di bilancio si appresta a essere esaminata dal Parlamento: una revisione al ribasso delle stime dei consumi e di crescita potrebbero costringere l’esecutivo a rivedere in corsa i saldi di finanza pubblica» commenta il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. «Nella manovra sui conti pubblici per il 2022 sono state introdotte misure per calmierare il costo dei prodotti energetici. Una scelta importante e positiva che, tuttavia, potrebbe rivelarsi come un pannicello caldo per le famiglie italiane. La manovra è stata impostata, correttamente, in chiave espansiva, ma le famiglie vanno adeguatamente sostenute, alla luce della crescita inflazionistica, affinché i consumi non subiscano contrazioni e proseguano nel sentiero di crescita» aggiunge Lauro.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, l’imprevisto aumento dell’inflazione, dunque, è capace di innescare una spirale negativa sul versante dei prezzi al consumatore finale, provocata principalmente dall’aumento dei costi, per le imprese, di approvvigionamento, di produzione e di trasporto. Un mix imprevedibile, quanto esplosivo e non controllabile, che si rifletterà su tutta la catena economica, generando, in assenza di adeguate contromisure di politica economica, un contraccolpo negativo sul percorso di ripresa del Paese. L’aumento dei costi di produzione e dei prezzi finali spingerà una flessione dei consumi che, a loro volta, avrà effetti negativi sulle prospettive di crescita delle imprese e dell’occupazione. L’aumento dei prezzi potrebbe riguardare, più nel dettaglio, i prodotti alimentari e i prodotti energetici (dall’energia elettrica ai carburanti), cioè quelli caratterizzati da una maggiore volatilità. In particolare, per l’incremento di energia e derivati del petrolio potrebbe favorire – basti pensare ai trasporti – un’immediata, inevitabile ricaduta su altri comparti che farebbero lievitare i prezzi finali.
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