L’aumento dell’inflazione fa “sorridere” il fisco: la fiammata dei prezzi, progressivamente cresciuta nell’ultimo periodo, ha assicurato alle casse dello Stato più di 10 miliardi di euro di gettito aggiuntivo nei primi cinque mesi del 2022 con un incremento del 19,8%. I consumi non credono, le tasse sì: da gennaio a maggio, infatti, le entrate relative all’Iva, che è arrivata all’8% e viaggia verso il 10%, hanno raggiunto quota 61,6 miliardi di euro, in aumento di 10,2 miliardi rispetto ai 51,4 miliardi dei primi cinque mesi del 2021. Molto più contenuto, invece, l’incremento del gettito Irpef che ha subito una variazione positiva del 2,3%, con una crescita di quasi 2 miliardi, da 79,7 miliardi a 81,5 miliardi. Sono questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale l’incasso tributario complessivo dell’erario nei primi cinque mesi del 2022 è salito di 18,5 miliardi, da 170,1 miliardi a 188,6 miliardi: più della metà del gettito fiscale aggiuntivo è dunque riconducibile all’aumento delle entrate legate all’Iva (+10,2 miliardi). “L’andamento delle entrate ci restituisce una istantanea precisa della nostra situazione economica, con enormi difficoltà che emergono sia per le imprese sia per le famiglie. Lo Stato sta ottenendo un beneficio importante, ma si tratta di una situazione temporanea a perché nel medio-lungo periodo anche il gettito erariale subirà le ripercussioni pesanti della recessione a cui ci stiamo avvicinando” commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. “Da mesi parliamo senza mezzi termini di una economia di guerra, ma il governo sembra frenato dalle continue, rovinose tensioni nella maggioranza. Una situazione di lite permanente che non produce nulla di buono per il Paese e in prospettiva può cagionare danni sul versante dei fondi del Pnrr che dobbiamo ricevere dall’Unione europea” aggiunge Ferrara.
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato i dati del Ministero dell’Economia, l’inflazione sta creando un beneficio inatteso è indiretto per i conti pubblici: in soli cinque mesi, nonostante la crescita economica in forte rallentamento e la produzione industriale più debole, gli incassi riguardanti la tassa sui consumi (Iva) sono saliti in maniera particolarmente significativa. Quei 10,2 miliardi in più di Iva, infatti, vanno tutti ricondotti al vertiginoso incremento dei prezzi: il gettito dell’imposta sul valore aggiunto è passato, nei primi cinque mesi dell’anno, da 51,4 miliardi a 61,6 miliardi. Più nel dettaglio, dei 10,2 miliardi aggiuntivi di Iva, 6,9 miliardi sono per consumi e scambi interni (+15,1%), mentre 3,3 miliardi sono per la maggiore imposizione sulle importazioni (+59,9%). Molto più contenuto l’incremento dell’Irpef, con il totale degli incassi passato da 79,7 miliardi a 81,5 miliardi, in salita di 1,8 miliardi (+2,3%).
MENO IRES E IMPRESE IN CRISI, LE FAMIGLIE NON SI AFFIDANO PIÙ ALLA TASSA SULLA SPERANZA
L’aumento dei prezzi si rivela quindi benefico per i conti pubblici per lo meno nel breve periodo, ma i dati fiscali consentono di scattare una fotografia nitida e completa dell’economia italiana: l’andamento del gettito Ires, per esempio, svela le difficoltà delle imprese, con gli incassi dell’imposta sul reddito delle società calati complessivamente di 204 milioni (-6,9%), da 834 milioni a 630 milioni. Mentre le difficoltà delle famiglie emergono sopratutto dall’andamento dell’imposta sul consumo dei tabacchi, calata di 446 milioni (-10,6%) da 4,2 miliardi a 3,7 miliardi. Una ulteriore spia della crisi emerge dai proventi del lotto: la tassa sulla speranza è meno generosa per lo Stato, considerando che il gettito è calato, da gennaio a maggio 2022 rispetto ai primi cinque mesi dello scorso anno, di 530 milioni (-14,9%) da 3,5 miliardi a 3 miliardi, segno che i cittadini si affidano sempre meno alla sorte, durante i momenti di crisi, per risollevare le loro finanze.
BOOM DI TASSE E ACCISE SU GAS E PRODOTTI ENERGETICI
Lo Stato “guadagna” di più anche grazie all’incremento dei prodotti energetici e in particolare del gas, con i prezzi rapidamente saliti a motivo della guerra tra Russia e Ucraina, che hanno ridotto le importazioni dalla Russia e favorito la speculazione in varie forme: i proventi fiscali sul gas naturale per combustione, nel dettaglio, sono cresciuti di 453 milioni (+35,7%) da 1,2 miliardi a 1,7 miliardi. Tutto il comparto energia, in generale, ha subito una crescita dei prezzi e, conseguentemente, sono cresciuti gli incassi fiscali, in talune circostanze con variazioni rilevanti, in altri casi meno robuste: l’accisa sui prodotti energetici è passata da 7,6 a 7,8 miliardi, in crescita si 130 milioni (+1,7%), l’accisa e l’imposta erariale sui gas incondensabili è passata da 211 a 231 milioni, in crescita di 20 milioni (+9,5%), l’accisa sull’energia elettrica e le relative addizionali sono passate da 1 miliardi a 1,2 miliardi, in crescita di 220 milioni (+20,9%).
Complessivamente, nei primi cinque mesi del 2022, le imposte dirette hanno assicurato allo Stato 95,9 miliardi, con un aumento di 5,1 miliardi (+5,7%) rispetto ai 90,7 miliardi del periodo gennaio-maggio dello scorso anno. Le imposte indirette, invece, sono aumentate, in termini di gettito, per un importo pari a 13,3 miliardi, in salita del 16,9% dai 79,3 miliardi del 2021 ai 92,7 miliardi del 2022. In totale, le tasse incassate dallo Stato nei primi cinque mesi dell’anno hanno raggiunto quota 188,6 miliardi con una crescita di 18,5 miliardi (+10,9%) rispetto ai 170,1 miliardi del 2021.
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