Quella di oggi non è una inflazione “sana” cioè causata da maggiori acquisti, da maggior reddito e da maggior potere d’acquisto o da una crescita economica normale. Siamo di fronte a una inflazione che si può definire “importata”, provocata da un aumento del costo delle materie prime, dalla speculazione a ogni effetto e quindi è una inflazione malata. Nonostante gli attuali livelli, la Banca centrale europea, però, si preoccuperà seriamente solo se salari e stipendi saliranno troppo e per ora a Francoforte non prevedono aumenti di salari e stipendi. È quanto si legge in un documento del Centro studi di Unimpresa che analizza le ultime decisioni di politica monetaria della Banca centrale europea.
La Banca centrale europea, nelle sue previsioni, sostiene che l’inflazione tornerà al 2% nel 2024. La Banca centrale europea per ora non si preoccupa, anche se in Spagna l’inflazione è al 10% e in Italia al 7%. La stessa Bce prevede un livello medio di inflazione, nella zona euro, del 6% per il 2022, quindi ben al di sopra del 2% che resta l’obiettivo target, stabile e ottimale. Secondo Unimpresa, la linea del presidente dell’Eurotower, Christine Lagarde, è che quando c’è incertezza bisogna andare avanti a piccoli passi e serve prudenza: per adesso si limiterà a immettere meno liquidità in circolazione, comprando meno titoli di Stato e dando meno soldi alle banche dopo le grandi operazioni degli ultimi 5-10 anni.
“Molte famiglie e imprese che, già colpite dall’elevata inflazione, hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. L’altro aspetto inquietante è che la guerra fa crescere ancora i prezzi di energia, carburante e prodotti alimentari e gli italiani sono quindi costretti a spendere di più e in molti purtroppo non ce la fanno. L’Italia ha una forte dipendenza dalla Russia, non solo per il petrolio e per il gas, ma anche per altre materie prime, a esempio il legno. L’aspetto più rilevante sarà aiutare i più deboli: ci deve pensare il governo, con interventi economici pubblici molto importanti e tempestivi, ma molto può essere fatto, parlo di solidarietà, anche da parte delle aziende private e dalle banche” commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Pur volendo accettare la linea della Bce, che in questo momento è molto prudente e non intende intervenire con decisioni drastiche per frenare l’inflazione, bisogna tener conto di un problema molto serio. L’inflazione così alta ha un impatto negativo sui risparmi degli italiani perché a fronte di interessi zero delle banche sui conti correnti e quindi sui risparmi degli italiani, una inflazione così alta, come quella attuale del 7%, logora il potere d’acquisto dei risparmi delle famiglie” aggiunge Ferrara. Secondo i calcoli del Centro studi di Unimpresa a fine 2021 c’erano 1.604 miliardi di euro sui conti correnti bancari delle famiglie e un’inflazione al 7% corrisponde a una tassa occulta di circa 112 miliardi di euro. “È una tassa invisibile, ma molto pericolosa perché poi ha effetti sui consumi finali, ragion per cui i governi in Europa e la Bce devono porsi il problema di come frenarla” osserva il presidente di Unimpresa.
In questa anomala situazione si inserisce anche un altro fenomeno sul quale prestare grande attenzione, cioè l’inflazione nascosta o mascherata ovvero shrinkflation (in inglese shrink vuol dire restringere). Si tratta di questo: stesso prezzo, ma meno prodotto oppure meno servizi. C’è da dire che per molte aziende è l’unico modo di sopravvivere, l’alternativa sarebbe aumentare i prezzi e non vendere oppure il fallimento, con ricadute a livello occupazionale e sociale.
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