«Il rallentamento dell’inflazione ad aprile, scesa secondo quanto riferito oggi dall’Istat allo 0,9% su base annua e al 2,4% per quanto riguarda il carrello della spesa, non deve illuderci. Occorre sempre ricordare che a cavallo tra il 2022 e il 2023, l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto complessivamente del 13,8%: un’impennata clamorosa, raggiunta a una velocità da record storico, che ha fatto disastri e ha messo in seria difficoltà tanto i consumatori quanto le aziende».
Lo dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, commentando i dati diffusi oggi dall’Istat. «Se in Italia l’inflazione è allo 0,9%, quindi abbondantemente al di sotto del livello target della Banca centrale europea, pari al 2% secco, nell’eurozona, la media è al 2,4%, ancora sopra la soglia di riferimento. Ne consegue che, in assenza di una nuova, ulteriore e auspicabile discesa nel mese di maggio, il consiglio direttivo della Bce, a giugno, potrebbe rimandare l’attesa riduzione dei tassi d’interesse, oggi fermi al 4,5%.
Il nuovo slittamento della sforbiciata al costo del denaro, peraltro, potrebbe essere favorito dall’andamento dell’economia degli Stati Uniti e dalla linea della Federal reserve che ha pubblicamente annunciato di voler proseguire, a motivo di una inflazione americana ancora sostenuta, con una politica monetaria restrittiva, lasciando quindi i tassi invariati. L’Eurotower è chiamato a decidere non solo nel merito della politica monetaria, ma soprattutto se intende sganciarsi dalla Fed, prospettiva che molti considerano, sbagliando, quasi una eresia» aggiunge Spadafora.
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