Per molte piccole e medie imprese le frontiere nazionali rappresentano ancora un ostacolo significativo all’ampliamento delle loro attività; esse dipendono ancora in gran parte, o esclusivamente, dai rispettivi mercati nazionali. E’ ancora più preoccupante notare che molte aziende non pensano neppure all’internazionalizzazione, nonostante che le PMI siano già esposte ad un’intensa concorrenza internazionale e nazionale e che vi sia ormai la generale consapevolezza che esiste un rapporto diretto tra l’internazionalizzazione e l’aumento di redditività delle PMI. L’internazionalizzazione infatti rafforza la crescita, aumenta la competitività e sostiene la capacità delle imprese di sopravvivere nel lungo periodo. Questo dimostrano i Paesi che per primi si sono elevati da questa crisi globale. Nonostante i riconosciuti vantaggi, tuttora andare all’estero costituisce ancora un passo non facile per la maggior parte delle piccole imprese italiane. Esse semplicemente non dispongono delle risorse e dei contatti che potrebbero informarle sull’esistenza di adeguate opportunità d’affari, di possibili soci o di potenziali aperture sui mercati esteri. E soprattutto è l’investimento finanziario necessario per confrontarsi nel mercato globale che può rappresentare un ostacolo significativo per molte PMI. E’ quindi banale ribadire che sono necessari programmi pubblici di sostegno, da concentrare sulla promozione delle esportazioni, mediante strumenti come i crediti finanziari, le missioni commerciali, le fiere commerciali congiunte, le reti d’impresa, la crescita di qualità delle risorse umane. I fattori di successo in questo cammino possono essere identificati in comunicazione e facilità di accesso ai programmi. Le PMI sono caratterizzate dalla flessibilità e da una grande capacità di innovazione e adattamento, ma l’impegno nei mercati internazionali richiede ulteriori competenze, capacità di gestione e disponibilità nel lungo periodo di risorse umane qualificate per sviluppare una strategia di internazionalizzazione senza mettere in pericolo le attività quotidiane. Anche se le stesse PMI a volte non lo comprendono pienamente, questo è uno dei principali ostacoli che una PMI deve affrontare quando prende in considerazione l’eventualità di internazionalizzarsi. Un principio vincente è l’unione fa la forza. Per loro stessa natura, le reti agevolano l’interazione tra varie imprese e organizzazioni che condividono obiettivi e interessi comuni e rappresentano una fonte di sinergie vantaggiose: la condivisione delle spese, un accesso migliore o più rapido alle nuove tecnologie, un maggiore accesso a potenziali soci. Le reti sono sicuramente uno degli strumenti che maggiormente favoriscono un’attività internazionale coronata da successo e per questo le organizzazioni imprenditoriali partecipano alla loro promozione e al loro sostegno. Ma l’internazionalizzazione impone all’impresa coinvolta sforzi economici supplementari, e in linea generale, le PMI non hanno conoscenze specializzate nel settore finanziario, che richiederebbero molto tempo ed energia. Tuttavia, nel caso dell’internazionalizzazione, l’aspetto finanziario è molto più di una questione di gestione del flusso di cassa o di possibilità di accesso a finanziamenti aggiuntivi. L’internazionalizzazione presuppone una serie di fattori specifici come il rischio di cambio, la garanzia dei pagamenti all’estero o le difficoltà per la concessione di agevolazioni di pagamento ai clienti esteri. Finanziare l’internazionalizzazione costituisce pertanto un problema cruciale e duplice: da un lato, è necessario acquisire informazioni sui nuovi problemi e sui meccanismi finanziari dell’internazionalizzazione e, d’altro lato, è necessario poter accedere ai fondi aggiuntivi necessari a finanziare le operazioni internazionali.
Paolo Longobardi, presidente nazionale di Unimpresa
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