“E’ da sperare che i giovani comincino a ribellarsi alla partitocrazia degli anziani, e non fare come non pochi che ne accettano i metodi per la facile conquista del posto.”. Questa frase di don Sturzo del 24 luglio del 1958 può suonare come una sfida per i giovani e i vecchi leaders, ma riguarda anche tutti noi. Allora, occorre verificare se nel rapporto con i giovani e sulla ricerca di soluzioni alla loro voglia di progresso materiale e spirituale, stiamo scrivendo la giusta ricetta? Venerdì a Sorrento, nel corso del convegno dei Giovani Imprenditori aderenti a Unimpresa, sono stato chiamato a rispondere alla domanda di una studentessa del locale Liceo artistico Grandi. La ragazza ha chiesto perché la scuola non accompagni gli studenti verso la successiva scelta formativa e non fornisca le competenze e gli strumenti tecnico operativi per approcciare in modo semplice il mondo del lavoro. Nelle sue parole si avverte il timore di chi si sente sola davanti a una montagna da scalare a mani nude e in una giornata tempestosa. In questi giorni non sono mancati i solleciti alla nostra gioventù, soprattutto dopo la gravissima ferita inferta da mano infame a Brindisi. Indicazioni sull’urgenza che questi assumano una responsabilità politica (Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, nelle commemorazioni della strage Falcone), sulla crisi internazionale che colpisce soprattutto i giovani e li condanna a un’eterna flessibilità sperperandone la loro capacità d’innovazione (Mario Draghi, Presidente della Bce, per la commemorazione di Federico Caffè), sulla necessità di aprire vie moderne di parità sociale per i giovani attraverso nuova occupazione e vita dignitosa (Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria, nel discorso d’insediamento), sul bisogno che i giovani prendano i loro rischi, adattandosi in questo difficile momento a vivere i cambiamenti come un’occasione di arricchimento della personalità e non come una punizione (Mario Monti, Presidente del Consiglio, per il Forum Nazionale dei Giovani). È vero che gli anziani costituiscono un’importante scuola di vita, capace di trasmettere valori e tradizioni e di favorire la crescita dei più giovani, però in Italia, tranne rari esempi, questa percezione è compromessa. I giovani avvertono una crescente conflittualità con la classe dirigente nazionale e internazionale, la sentono come un muro insuperabile frapposto alla loro realizzazione. Non avvertono l’impegno a lottare la disoccupazione perché “vera calamità sociale”. Sembra scorgersi una generale mancanza di capacità progettuale politica per la costruzione di una società orientata verso il bene comune e proiettata verso il futuro.
Gaspare Sturzo, presidente del Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo
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