L’inverno è mite. La mia memoria non recupera alcuna stagione del passato con temperature così alte… I grandi della terra s’incontrano a Parigi, sottoscrivono accordi per contenere il buco nell’ozono e anche i paesi più resistenti, a conti fatti, capiscono che se non per convinzione almeno per costrizione (anche economica) è meglio impegnarsi per diminuire le emissioni di gas serra.
Le guerre (al plurale), soprattutto nel mondo arabo, destabilizzano vaste aree a noi vicine. E il Mediterraneo? Sempre più cimitero di molti profughi…
In casa nostra gli imprenditori agricoli come acini d’uva in un torchio vengono schiacciati da eventi di cui non portano alcuna responsabilità. condizioni internazionali, politiche europee, politiche nazionale e regionali … un mercato “convulso”.
Nasce allora una domanda che spesso ritorna sui tavoli dei governi: “L’agricoltura, le agricolture, possono operare in un contesto di “libero” mercato? Oppure difesa e valorizzazione dei territori, alimentazione e qualità della vita devono guardare all’agricoltura con occhi diversi?
Certamente le domande sono state e sono oggetto di agende assidue dell’Unione Europea che però le ha sempre interpretate partendo dai contesti strumentali nazionali.
Sull’altare delle “difese” dei diversi comparti produttivi la PAC ha sempre privilegiato politiche finalizzate a orientare le produzioni e/o sostenere le imprese agricole, arrivando al paradosso della politica delle gabbie, oggi rimosse (quote di produzione).
Anche l’applicazione di “azioni” di programmazione delle produzioni agricole proposte da alcuni Stati per favorire processi di riforma è stato impedito immolato sull’altare dei vincoli Comunitari.
Ora, però, bisogna chiedersi se, dopo la straordinaria vetrina mondiale di EXPO, la “politica italiana” intende promuovere un processo di maturazione del nostro sistema agricolo e agro-alimentare. Se intende davvero aprire una stagione di riforma che promuova un nuovo e moderno modello produttivo agricolo e agro-alimentare. Una maturazione che esige che, come in EXPO, l’alimentazione, l’agricoltura assumano priorità nelle agende politiche nazionali ed europee. Una priorità che favorisca e sostenga il modello di reti produttive nel loro sforzo di miglioramento delle qualità e quantità produttive; il perfezionamento delle politiche di penetrazione dei mercati: nazionale, europeo e mondiale (ICE forse andrebbe riformata); azioni tese a semplificare la burocrazia di almeno il 50%, migliorando i processi positivi di istruttorie, verifiche e controlli; politiche di programmazione e gestione di calamità dovute a effetti del cambiamento climatico e politiche di gestione delle produzioni nel contesto di conflitti, tensioni politiche internazionali che generano, fra l’altro, embarghi di prodotti alimentari.
L’agricoltura e anche l’agroalimentare (primo settore produttivo italiano) oggi soffrono anche per gli effetti di cause internazionali e nazionali che provocano volatilità dei prezzi, rigidità dei mercati, incertezze politiche e sociali. Affrontare queste “emergenze” non può investire solo il Governo del Paese ma coinvolge anche la responsabilità delle Organizzazioni Agricole, degli Ordini e dei Collegi dei professionisti agricoli e agroalimentari, del sistema del credito agrario ed anche del modello scolastico/universitario italiano. Coinvolge cioè tutti i soggetti che compongo il sistema produttivo agricolo e agro-alimentare italiano, che è chiamato a interrogarsi libera dosi dalle consuete difese delle proprie prerogative.
Ed è per questo che i Tavoli Tecnici del Ministero dell’Agricoltura, completati nei soggetti rappresentativi italiani, dovrebbero trovare sintesi in un nuovo organismo di consultazione permanente. Un luogo dove le domande e le agende non rimangono ancorate alla sola consueta, pur importante, valutazione delle applicazioni normative europee e nazionali ma eleva il proprio sguardo ad un orizzonte di modernizzazione del settore primario. Un post EXPO che ci aiuti a raggiungere anche quegli obiettivi che lo stesso Ministro Martina ha più volte evocato.
In tutto questo cosa centra Sant’Antonio? Potrà Sant’Antonio aiutarci in questa ricerca del domani, in questo impegno di costruzione del domani? Credo di sì se sapremo recuperare e emularlo in quella preghiera essenziale (Filocalia) che scaturisce solo da menti concrete, incarnate nel quotidiano e ispirate. Chi non sa alzare lo sguardo della fede fatica a elevare lo sguardo delle sfide della nostra civiltà.
Recuperare la preghiera per incarnarla nella nostra millenaria storia cristiano sociale ci aiuterà anche a pensare a politiche agricole e agroalimentari libere da condizionamenti e forti di una concreta speranza.
Mario Braga
Presidente Federazione Nazionale
UNIMPRESA Agricoltura
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