I dati diffusi oggi dall’Istat sui prezzi dei prodotti agricoli nel secondo trimestre dell’anno evidenziano l’allargarsi della forbice tra i costi alla produzione e i prezzi al consumo. Mentre da un lato sale, ad esempio, la spesa per energia (+10,6%), concimi (+8,8%), sementi (+6,7%), manutenzione delle macchine agricole (+3,3%), ecc., dall’altro i prezzi al produttore diventano sempre meno remunerativi (-1,1% in termini congiunturali e un misero +0,6% sul piano tendenziale). Se pensiamo che ad agosto, mentre l’indice generale dei prezzi al consumo aumenta dello 0,4% rispetto a luglio (+3,2 su base annua), quello dei prodotti alimentari diminuisce (-0,1%), vediamo che l’agricoltura continua a dare un contributo al contenimento dell’inflazione, ma a causa dell’aumento dei costi di produzione paga il conto due volte. Infatti, i costi di produzione continuano a erodere i margini di redditività delle imprese agricole, ormai in condizioni difficili in tutto il paese. Ancora, mentre in Italia si registra la disoccupazione più alta degli ultimi 15 anni, in particolare quella giovanile, che sfiora il 34%, l‘agricoltura tiene e registra una visibile crescita degli occupati: +10,1% i lavoratori dipendenti e +2,9% gli autonomi. Questi dati dell’Istat confermano ancora una volta l’importanza dell’agricoltura dal punto di vista economico e sociale. La politica non può più permettersi di ignorare l’agricoltura, ma deve sforzarsi di mettere in campo misure “ad hoc” per la crescita, a partire da quelle che non costano nulla, come la semplificazione delle procedure burocratiche inutili che fanno perdere agli imprenditori agricoli ogni anno decine e decine di giornate di lavoro per stare dietro alle “carte”. La scelta del governo deve strategicamente tendere a premiare quelle aziende che investono in innovazione ed a smantellare le rendite parassitarie, solo così le risorse pubbliche porteranno buoni “frutti”.
Emilio Ferrara, segretario generale Unimpresa Agricoltura
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