Con il Jobs Act ci saranno 250.000 mila nuovi contratti a tempo indeterminato a partire da giugno, ma due assunzioni su tre saranno legate alla stabilizzazione di precari o alla regolarizzazione di posizioni “in nero”. Così il Centro studi di Unimpresa, nel giorno in cui l’Istat ha comunicato che il tasso di disoccupazione è tornato a salire a marzo crescendo di 0,2 punti percentuali (da febbraio) al 13%. Per il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, “dobbiamo confidare nelle nuove regole che tuttavia da sole non bastano a creare nuova occupazione: per dare possibilità alle imprese di assumere si devono tagliare le tasse”. Secondo il Centro studi dell’associazione, l’incremento dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato previsti dalle nuove norme sulle tutele crescenti sarà legato in parte alla stabilizzazione degli attuali precari (tempo determinato, contratti a progetto, partite Iva), in parte all’emersione di occupazione irregolare o cosiddetta “in nero”, in parte a nuove assunzioni di disoccupati in senso stretto derivanti da incremento di produzione e prospettive di crescita delle aziende italiane. Circa il 66% delle assunzioni legate Jobs Act non potrà pertanto essere considerata nuova occupazione. Turismo, agricoltura e servizi i settori che potrebbero sfruttare di più l’intervento normativo.
Le nuove norme sono entrate in vigore il 7 marzo, ma questi primi mesi servono ai consulenti del lavoro e alle direzioni del personale dei grandi gruppi imprenditoriali per studiarne l’impatto oltre che per calibrarne l’applicazione nelle singole realtà produttive e lavorative. Si può pertanto stimare che un primo, sensibile incremento delle posizioni a tempo indeterminato si registrerà a giugno e proseguirà poi per tutto il secondo semestre del 2015: alla fine dell’anno le nuove assunzioni potrebbero arrivare a quota 250.000.
Tuttavia, non si tratterà di occupazione aggiuntiva al 100%. Sono infatti almeno tre i bacini da cui verranno “pescati” i neoassunti. Anzitutto, una parte dei nuovi contratti sarà “semplicemente” il frutto della stabilizzazione di attuali precari: si tratta dei contratti a tempo determinati, dei contratti a progetto e di collaborazione, delle partite Iva. La seconda fonte di lavoratori è quella dell’occupazione parzialmente irregolare o completamente “in nero”, vale a dire gli individui più o meno sconosciuti sia all’amministrazione finanziaria sia agli enti di previdenza. Il terzo recinto potrebbe infine essere quello composto dai disoccupati “veri”, cioè soggetti che non hanno occupazione di alcun tipo e che saranno assunti a tempo indeterminato beneficiando del “Jobs Act” e delle tutele crescenti. I settori che potrebbero incrementare più di altri l’occupazione sfruttando la riforma sono l’agricoltura, il turismo, i servizi e l’edilizia.
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