Non contiene misure importanti per tagliare le tasse alle imprese, anzi allontana la nuova Iri che potrebbe progressivamente portare a una aliquota unica per le imprese. Rimanda il problema della clausole di salvaguardia dell’Iva al 2019, creando ancora una volta incertezza sul prelievo tributario relativo ai consumi, con un aggravio di quasi 20 miliardi di euro che incombe. Non interviene sul costo del lavoro, lasciando intatto il cuneo fiscale e il peso dei contributi a carico delle aziende, che ormai non assumono più a tempo indeterminato, ma sono di fatto costrette a creare solo posti a tempo determinato e quindi un esercito di nuovi precari. Ignora le esigenze delle famiglie, alle prese con enormi difficoltà soprattutto a causa dell’occupazione in calo e dei redditi in discesa. Dimentica la questione del debito pubblico, che continua a rappresentare la principale zavorra per la ripresa economica. Non rilancia gli investimenti dello Stato, indispensabili per favorire la crescita del prodotto interno lordo dopo una lunga fase di recessione. Questi, secondo il Centro studi di Unimpresa, i sei punti critici del disegno di legge di bilancio approvato dal governo e ora all’esame del Senato.
“Speravamo, e lo abbiamo detto più volte, che questa manovra, l’ultima della legislatura che si avvia a conclusione, potesse rappresentare una svolta per il nostro Paese. Purtroppo dobbiamo constatare che si tratta di una finanziaria elettorale, piena zeppa di micro misure e di mance utili a chi deve racimolare voti, ma non sufficiente a far ripartire il Paese” commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
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