“L’Italia deve recuperare circa 13 punti di competitività rispetto agli altri paesi dell’area euro, ma la legge di bilancio non va nella giusta direzione. Come osservato dalla Banca d’Italia, il prodotto interno lordo del nostro Paese è ancora inferiore del 6% rispetto a quello del 2008, mentre quello dell’EUrozona, in media, è superiore del 7%. Dalla manovra sui conti pubblici ci aspettavamo di più e siamo rimasti delusi, preoccupati per la lentezza della ripresa economia italiana. Siamo usciti dalla recessione, ormai da diversi anni, ma il pil dell’Italia viaggia ancora a un ritmo insoddisfacente”. Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, commentando la legge di bilancio ormai prossima all’approvazione definitiva da parte del Parlamento.
“Decisiva, per colmare questo gap era dunque la legge di bilancio. Abbiamo chiesto al governo uno sforzo, volto a mettere sul tavolo misure coraggiose e concrete per dare alle imprese italiane la possibilità di crescere e investire nel futuro. Il risultato della manovra, invece, è un mix di misure di stampo elettorale” spiega Ferrara. Secondo il presidente di Unimpresa, “due sono i settori su cui serve impegno da parte delle istituzioni. Il primo è quello fiscale. Le tasse pagate da famiglie e imprese, che poco ricevono sul piano dei servizi, sono ancora troppo alte. Con la legge di bilancio è stata spacciata per riduzione un mancato incremento ovvero l’aumento (evitato) delle aliquote Iva, fino al 25%, stabilito con vecchie norme meglio note come clausole di salvaguardia. Ma nella stessa manovra il nostro Centro studi ha contato ben 27 trappole fiscali che portano più gettito e quinti più imposte sui contribuenti. Uno dei motivi che ha causato non pochi problemi alle aziende è la contrazione dei finanziamenti da parte delle banche. I motivi sono tanti e noi, con le nostre analisi, abbiamo dimostrato che la maggior parte dei problemi derivano dai grandi prestiti non rimborsati, che hanno portato gli istituti ad accumulare, nel momento peggiore, oltre 200 miliardi di euro di sofferenze. Non sono state dunque né le famiglie né le imprese a mettere nei guai i bilanci del settore bancario. Sono, però, le famiglie e le imprese, oggi, a pagare il conto di errori fatti da altri vedendosi negare richieste di nuovi crediti”.
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