Altre tasse in arrivo: nei prossimi tre anni è prevista una stangata fiscale superiore ai 60 miliardi di euro. Oltre 30 miliardi in più di tasse corrispondono all’aggravio Iva che farà salire il balzello sui consumi fino al 25% nel 2019-2020. E altri 30 miliardi saranno prelevati dalle tasche dei contribuenti grazie a una lunga lista di misure contenute nella legge di bilancio. Si tratta di ben trappole fiscali che faranno lievitare il gettito dello Stato: nella manovra sono contenute ben 27 voci, in qualche modo nascoste o comunque poco note, che portano complessivamente a far lievitare le entrate nelle casse dello Stato per complessivi 29,6 miliardi nel triennio 2018-2020. In totale, dunque, i contribuenti italiani, imprese e famiglie, dovranno pagare all’erario 60 miliardi in più. E’ questo, secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, il conto finale della legge di bilancio approvata dal Parlamento.
Il provvedimento sui conti pubblici stabilisce il rinvio dell’aumento dell’imposta sul valore aggiunto al 2019 ed evita, così, un incremento del carico fiscale a carico di famiglie e imprese, per il 2018, pari a 15,7 miliardi. Ma si tratta di mancati aumenti tributari e non di tagli. E comunque la stretta fiscale è solo rinviata: secondo i calcoli dell’associazione, nel 2019-2020 l’aumento delle aliquote Iva (quella ordinaria dal 22 al 25% e quella agevolata dal 10 all’11,5%) comporterà complessivamente un aumento del gettito tributario superiore a 30 miliardi di euro. Nel 2019, l’incremento sarà di 11,4 miliardi e nel 2020 di 19,1 miliardi per un totale di 30,5 miliardi. E poi ci sono le 27 trappole fiscali, grazie alle quali lo Stato incasserà 29,6 miliardi aggiuntivi, cifra che porta il totale della stangata a 60,1 miliardi.
Nel dettaglio, nel 2018 il gettito tributario complessivo salirà di 11,7 miliardi, nel 2019 crescerà di 9,5 miliardi e nel 2020 aumenterà di 8,3 miliardi. Dalle misure sulla fatturazione elettronica derivano aumenti delle entrate per 202,2 milioni, 1,6 miliardi e 2,3 miliardi per un totale di 4,2 miliardi nel triennio. La stretta sulle frodi nel commercio degli oli minerali “vale” 272,3 milioni, 434,3 milioni e 387 milioni per complessivi 1,09 miliardi. La riduzione della soglia dei pagamenti della pubblica amministrazione a 5.000 euro frutta all’erario 145 milioni, 175 milioni e 175 milioni per complessivi 495 milioni. Dai nuovi limiti alle compensazione automatica dei versamenti fiscali derivano 239 milioni l’anno per tutto il triennio, con un totale di 717 milioni. L’aumento dal 40 al 55% (per il 2018 e per il 2019) e al 70% (dal 2020) degli anticipi delle imposte sulle assicurazioni porteranno più entrate pari a 480 milioni nel 2018 e nel 2020 per 960 milioni complessivi. Il ridimensionamento del fondo per la riduzione della pressione fiscale vale 377,9 milioni per il 2018, 377,9 milioni per il 2019 e 507,9 milioni per il 2020 per un totale di 1,2 miliardi. Le nuove disposizioni in materi di giochi valgono in totale 421,2 milioni (rispettivamente 120 milioni 150,6 milioni e 150,6 milioni). Sono sei, in tutto, le voci che riguardano le detrazioni per spese relative alla ristrutturazione edilizia o alla riqualificazione energetica: un “pacchetto” che porta a un incremento di gettito, rispettivamente, per 145,3 milioni, 703,7 milioni e 4,3 milioni per un totale di 853,3 milioni. I cosiddetti “effetti riflessi” derivanti dai rinnovi contrattuali e dalle nuove assunzioni portano a maggiori entrate per 1,02 miliardi, 1,08 miliardi e 1,1 miliardi per complessivi 3,2 miliardi. Il differimento al 2018 dell’entrate in vigore della nuova Iri (imposta sui redditi) “vale” 5,3 miliardi nel 2018, 1,4 miliardi nel 2019 e 23,2 miliardi nel 2020 per un totale di 6,8 miliardi in più di tasse. Altri 4,04 miliardi complessivi, nel triennio in esame, sono legati all’imposta sostitutiva sui redditi da partecipazione delle persone fisiche: 1,2 miliardi nel 2018, 1,4 miliardi nel 2019 e 1,4 miliardi nel 2020. Vi sono, poi, altre 11 voci, piccole misure e interventi vari, che comportano 5,4 miliardi aggiuntivi di entrate nel triennio: 2,1 miliardi nel 2018, 1,8 miliardi nel 2019 e 1,4 miliardi nel 2020.
“Ancora una volta i cittadini e le imprese si preparano ad aprire il portafogli per sostenere i conti pubblici: i contribuenti sono spremuti all’osso, ma la manovra va bocciata per sei motivi” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. Secondo Pucci la manovra “non contiene misure importanti per tagliare le tasse alle imprese, anzi allontana la nuova Iri che potrebbe progressivamente portare a una aliquota unica per le imprese; rimanda il problema della clausole di salvaguardia dell’Iva al 2019, creando ancora una volta incertezza sul prelievo tributario relativo ai consumi, con un aggravio di quasi 20 miliardi di euro che incombe; non interviene sul costo del lavoro, lasciando intatto il cuneo fiscale e il peso dei contributi a carico delle aziende, che ormai non assumono più a tempo indeterminato, ma sono di fatto costrette a creare solo posti a tempo determinato e quindi un esercito di nuovi precari; ignora le esigenze delle famiglie, alle prese con enormi difficoltà soprattutto a causa dell’occupazione in calo e dei redditi in discesa; dimentica la questione del debito pubblico, che continua a rappresentare la principale zavorra per la ripresa economica; non rilancia gli investimenti dello Stato, indispensabili per favorire la crescita del prodotto interno lordo dopo una lunga fase di recessione”.
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