Un aiuto alle banche, italiane ed estere, che comprano titoli di Stato e che, in virtù dei bassi tassi di interesse, potrebbero subire perdite legate ai contratti derivati sottoscritti in relazione all’acquisto delle obbligazioni del nostro Paese (esempio: bot, btp, ctz). Tutto questo grazie a garanzie speciali, formate soprattutto da liquidità congelata o da altri bond pubblici, che il Tesoro potrà concedere agli intermediari finanziari in modo da proteggerli da eventuali ricadute negative derivanti dall’andamento del mercato delle obbligazioni pubbliche. La legge di stabilità approvata dal governo di Matteo Renzi e ora all’esame del Senato autorizza infatti il ministero dell’Economia a sottoscrivere con le banche speciali garanzie bilaterali per la gestione dei derivati. Lo denuncia il Centro studi di Unimpresa, dopo aver analizzato a fondo tutte le misure contenute nella legge di stabilità per il 2015.
La norma è contenuta nell’articolo 33 del ddl di stabilità all’esame di palazzo Madama e, nel dettaglio, è finalizzata a permettere, mediante l’utilizzo della gestione di Tesoreria, l’adozione di un sistema di garanzie bilaterali per la gestione delle operazioni in strumenti derivati del Tesoro. Le garanzie possono essere costituite da disponibilità liquide (ipotesi maggiormente probabile) o da titoli di Stato. Posto che nel primo caso la movimentazione della liquidità avviene attraverso schemi analoghi a quelli della gestione di tesoreria, non si ipotizzano maggiori spese o minori entrate a carico del bilancio dello Stato, tanto più in virtù del livello dei tassi di interesse registrato sul mercato monetario, attualmente molto prossimi allo zero e passibili di entrare anche in territorio negativo. In particolare, tenuto conto del fatto che sarà possibile negoziare con ogni controparte uno ââspread sui tassi monetari e, in caso questi ultimi siano negativi, un ââfloor a zero, è verosimile pensare che possa esserci saldo positivo per lo Stato. Tuttavia, come rilevato dal Servizio bilancio del Senato, esistono pericoli potenziali per i conti statali italiani: “Sarebbero utili ulteriori elementi di valutazione con particolare riguardo al profilo di rischio insito nell’assunzione di eventuali garanzie” rilevano i tecnici di palazzo Madama.
Si tratta, in effetti, di un terreno scivoloso. E’ vero che l’adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Tesoro permetterebbe un allineamento alle pratiche internazionali, coerentemente con l’evoluzione in corso nei modelli di gestione del rischio delle banche; ed è vero anche che per il Tesoro questo permetterebbe una gestione più efficiente ed economica delle aste nonché naturalmente una sostanziale riduzione del rischio di controparte nei confronti delle banche nel caso in cui il valore di mercato della posizione in derivati sia favorevole per il Tesoro. L’esito finale delle operazioni, però, considerando l’incertezza sulle prospettive di crescita e, in generale, sul miglioramento del quadro macroeconomico, si fonda più su effetti sperati che su stime attendibili: di qui l’inizio di un percorso che è sostanzialmente al buio. Tant’è vero che tale pratica operativa è stata adottata solo da pochi emittenti sovrani: finora si trova in Svezia, Portogallo e Danimarca ed è stato di recente introdotto in Gran Bretagna. In Germania, che rappresenta il principale parametro di riferimento per i titoli pubblici, tali garanzie in favore delle banche d’investimento non esiste: il Parlamento tedesco ha soltanto avviato la discussione limitandosi ad approvare, in uno dei due rami, una proposta che introduce l’utilizzo di una sola categoria di garanzie.
“Come sempre accade, nelle pieghe dei provvedimenti normativi si nascondono brutte sorprese. E quella che abbiamo scoperto è davvero incredibile: con le garanzie sui derivati, il governo di fatto consegna le finanze pubbliche italiane agli avvoltoi e alla speculazioneâ: si garantiscono sempre e comunque guadagni ai grandi colossi della finanza, a danno dei contribuentiâ. E lo fa dopo aver sostanzialmente dimenticato di aiutare con misure concrete le piccole e medie imprese” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Ufficio Stampa Unimpresa
a cura dell’Ago Press
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