«Le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve confermano un’impostazione di politica monetaria statunitense ancora improntata alla prudenza e all’attendismo, legata a un quadro macroeconomico che continua a mostrare segnali di forza e a un’inflazione non ancora rientrata pienamente nei parametri di stabilità. Tuttavia, il contesto europeo presenta caratteristiche diverse e richiede un approccio autonomo e deciso da parte della Banca centrale europea. La Bce, la scorsa settimana, ha preannunciato due possibili riduzioni del tasso di riferimento nei prossimi mesi, con l’obiettivo di riportare il costo del denaro al 2,5% entro la fine dell’anno. Questo impegno non deve essere disatteso: la traiettoria di politica monetaria tracciata dalla presidente Christine Lagarde e dal Consiglio direttivo deve trovare conferma in scelte concrete, che diano certezze ai mercati, alle imprese e alle famiglie».
Lo dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, commentando le dichiarazioni rilasciata oggi dal presidente della Fed, Jerome Powell. «La stretta monetaria degli ultimi due anni ha avuto un impatto significativo sul tessuto economico europeo, comprimendo gli investimenti, rallentando la crescita del credito e aggravando il costo del debito pubblico per gli Stati membri. In un’Eurozona che ancora fatica a consolidare la ripresa economica, con un’inflazione in netto rientro e un mercato del lavoro in progressiva stabilizzazione, proseguire nel percorso di riduzione dei tassi è non solo auspicabile, ma necessario per evitare che una politica monetaria eccessivamente restrittiva diventi un freno allo sviluppo» aggiunge Spadafora.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, negli ultimi due anni, i prestiti bancari alle imprese italiane hanno registrato una significativa contrazione. Dopo una fase di crescita fino a metà 2022, con un picco del +4,8% ad agosto 2022, si è osservata un’inversione di tendenza, culminata in una diminuzione del 6,2% su base annua ad agosto 2023. Il calo è attribuibile principalmente all’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea nel tentativo di contrastare l’inflazione.
La riduzione del credito ha interessato vari settori economici, con le costruzioni e il manifatturiero particolarmente colpiti, registrando rispettivamente un calo dell’8,8% e del 6,1% ad agosto 2024. Tali settori, avendo una maggiore “intensità creditizia” in rapporto al valore aggiunto, sono più sensibili alle variazioni nelle condizioni di accesso al credito.
La domanda di credito da parte delle imprese ha continuato a diminuire nel primo e secondo trimestre del 2024, sebbene a ritmi più contenuti rispetto al 2023. In particolare, si è registrata una flessione più marcata nella domanda di finanziamenti a lungo termine, mentre le richieste per esigenze di liquidità a breve termine, come scorte e capitale circolante, sono rimaste stabili nella prima metà del 2024.
Nonostante l’avvio, a giugno 2024, della fase di riduzione dei tassi da parte della Bce, l’accesso al credito per le imprese rimane complesso. Le banche hanno mantenuto criteri di concessione restrittivi, influenzati dalle incertezze economiche e dalle tensioni geopolitiche. Tuttavia, si osserva un lieve allentamento delle condizioni di offerta nel secondo trimestre del 2024, con una piccola riduzione dei margini di interesse e degli oneri addizionali, dopo i forti aumenti precedenti.
In prospettiva, le previsioni indicano una possibile ripresa dei prestiti bancari alle imprese a partire dal 2025, favorita dalla diminuzione dei tassi di interesse, dall’attenuarsi dell’inflazione e da un miglioramento del contesto economico generale. Si stima una crescita del 2,4% nel 2025 e del 2,7% nel 2026, invertendo la tendenza negativa osservata nel biennio precedente.
Secondo il vicepresidente di Unimpresa «l’Europa ha il dovere di mantenere una propria autonomia strategica anche in materia di politica monetaria. La Bce non deve lasciarsi condizionare dalle scelte della Federal Reserve, il cui operato risponde a dinamiche macroeconomiche profondamente diverse da quelle dell’Eurozona. Se Washington può permettersi di rinviare il primo taglio dei tassi, l’Europa non ha lo stesso margine di manovra: la crescita economica resta fragile e il rischio di stagnazione, in assenza di un adeguato sostegno alla domanda interna, non è affatto scongiurato. La Banca centrale europea deve proseguire con determinazione lungo la strada della riduzione del costo del denaro, evitando tentennamenti che potrebbero minare la fiducia degli operatori economici e rallentare ulteriormente la ripresa. Serve una politica monetaria che sia al servizio della crescita, senza abdicare alla stabilità dei prezzi, ma con la consapevolezza che il rischio principale, oggi, non è più l’inflazione elevata, bensì la debolezza della domanda e il rallentamento dell’attività produttiva. Il mandato della Bce è chiaro: garantire la stabilità economica e monetaria dell’Eurozona, preservando al contempo la crescita e la competitività del sistema europeo. Ed è su questa linea che occorre proseguire con coerenza e visione di lungo periodo».
- LA BCE PROSEGUA COI TAGLI AL COSTO DENARO, NO ALLA LINEA ATTENDISTA USA - 11 Febbraio 2025
- Circolare – 11.02.2025 - 11 Febbraio 2025
- GRAZIE A SBARRA PER IL PERCORSO CONDIVISO, ORA FUMAROLA PROSEGUA SU QUESTA STRADA - 11 Febbraio 2025