“Giovanni Paolo II ha visto il crollo del comunismo. Il suo successore vedrà il crollo del capitalismo”. Queste le parole lapidarie di Martin Schlag con le quali descrive il suo pensiero circa lo stato attuale dell’economia internazionale. Vissuto a New York, a Londra, in Austria dove insegna Diritto Costituzionale all’università di Innsbruk, ora si è stabilito anche a Roma nel ruolo di docente di Teologia Morale presso l’Università della Santa Croce. Intende difendere l’economia “buona”, e indica la via della salvezza per uscire dalla crisi economica che attanaglia l’intero globo. “Solo con le virtù possiamo salvarci dalla crisi, l’efficienza fine a se stessa porta alla catastrofe”. Come contraddirlo, separare l’economia dall’etica è impossibile, o meglio è un tentativo anche esperito in alcuni casi, ma il frutto è tristemente sotto gli occhi di tutti. E’ un tema attualissimo, affrontato in modo molto interessante in una pubblicazione del gesuita Gianpaolo Salvini direttore della Civiltà Cattolica, da Luigi Zingales docente di Imprenditorialità e Finanza alla Graduate School of Business dell’Università di Chichago, e Salvatore Carrubba già direttore responsabile de Il Sole 24 Ore, oggi editorialista dello stesso, e docente di Politiche per la Cultura presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. Nel loro lavoro “Il buono dell’economia”, edito dall’Università Bocconi, costatano che l’occasione offerta dalla crisi di trasformarsi in un correttivo morale dei comportamenti tenuti fino ad ora, non è stata sfruttata. E’ sulla stessa linea il professor Schlag, “la morale non è un optional, è intrinseca all’economia”. Il centro infatti è sempre l’uomo, la persona che agisce. La crisi è sistemica e appare necessario un cambiamento nel metodo dell’economia. Occorre evitare gli abusi che ci sono stati fino ad oggi, imparando a pensare a lungo termine e bandendo l’egoismo. Questo il pensiero chiaro dello studioso. La Chiesa da quando è stata istituita da Gesù predica il perseguimento del bene comune come realizzazione dell’uomo. Essa offre la risposta alla domanda di chi si interroga se si sia ancora in tempo per umanizzare l’economia. La moderna economia è una parte della multiforme attività umana, e come tale anche per essa vale il dovere di farne un uso responsabile. Il fattore decisivo è sempre l’uomo stesso, rivestito da Cristo della dignità di figlio di Dio. Nella misura in cui si aiuta questi a prendere coscienza della sua dignità e a viverla concretamente, si cambia anche l’attività economica. La giustizia intesa come far crescere le persone, responsabilizzandole e valorizzandone i talenti, conduce all’applicazione della giustizia sociale, valore imprescindibile per un’economia rinnovata e sostenibile. Il libero mercato diventa così il luogo istituzionale per collocare giustamente ed equamente le risorse mondiali rispondendo efficacemente ai bisogni di tutti. L’utile individuale, sebbene legittimo, non è l’unico obiettivo e mai deve prevalere sull’utile di tutti. Ecco perché la Dottrina Sociale della Chiesa ricorda che “il mercato” deve essere ancorato a finalità morali, salvaguardandolo dal rischio dell’idolatria e della visione riduttiva della persona umana. L’essere è più importante dell’avere! Fino a quando questo non sarà entrato nella mentalità ordinaria uscendo dalla scontatezza dell’espressione, rischieremo di legare la nostra esistenza all’andamento altalenante di una “borsa titoli”. Triste prospettiva!
Alfonso D’Alessio
(articolo pubblicato da ilquotidianodisalerno.it il 28.11.2011)
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