Lo studio dell’associazione sulla crisi del settore lattiero-caseario. Il prezzo del latte (30 centesimi al litro) ha messo in ginocchio gli imprenditori agricoli, ora sovraindebitati e non adeguatamente protetti da un’opportuna regolamentazione. Pesa la contraffazione dei prodotti Dop. In 25 anni gli allevamenti bovini crollati dell’80% da 206mila a poco più di 40mila. Braga (presidente Federazione Unimpresa Agricoltura): “Bene decreto governo su etichettatura obbligatoria prodotti, ma per tutelare il made in Italy serve di più”. Occorre un tavolo permanente col governo, una moratoria con le banche e un congelamento delle tasse
Ben 17.000 posti di lavoro in meno, complessivamente, nel 2015 nel settore della produzione di latte, tra i 10.000 persi direttamente negli allevamenti e altri 7.000 “bruciati” nell’indotto. Un enorme calo dell’occupazione legato soprattutto al prezzo del latte, che oscilla attorno ai 30 centesimi di euro al litro ed è più basso di oltre il 25% rispetto ai costi, di poco superiori ai 40 centesimi. Pesa anche la contraffazione dei formaggi Dop (Denominazione di origine protetta). E gli allevamenti sono crollati di oltre l’80% in 25 anni: erano più di 200mila nel 1990, ora sono 40mila. È quanto emerge da un rapporto della Federazione Unimpresa Agricoltura secondo il quale il settore paga più di altri comparti gli effetti della crisi e, soprattutto, di scelte sbagliate prese da parte del regolatore sia a livello nazionale sia a livello Ue. Di qui la richiesta al ministro per l’Agricoltura, Maurizio Martina, di istituire un tavolo permanente “latte” che divenga lo strumento di concertazione fra produttori e industria lattiero casearia. Non solo: Unimpresa Agricoltura auspica pure una moratoria per i debiti bancari e un congelamento delle tasse.
Secondo i dati di Unimpresa, negli ultimi 25 anni gli allevamenti bovini sono diminuiti dell’80,29% passando da 206.268 a 40.664 del 2013 con una riduzione di 165.604 unità. La contrazione del numero di allevamenti bovini da latte dal 2000 è stato del 49,10% passando da 79.893 allevamenti a 40.664 con una riduzione di 39.229 unità. Il numero di capi complessivi è calato dal 1990 al 2013 del 42,44% scendendo da 2.641.755 a 1.520.639 con una diminuzione di 1.121.116 unità. A farne le spese è stata anche l’occupazione: solo nel 2015 sono stati persi 17.000 posti di lavoro, 10.000 direttamente dagli allevamenti e 7.000 nell’indotto (macchine agricole, impianti, costruzione stalle, settore mangimistico e integratori).
Lo studio di Unimpresa Agricoltura spiega anche le cause del crollo del prezzo del latte che ora oscilla attorno ai 30 centesimi al litro a fronte di costi di poco superiori a 40 centesimi: di fatto per ogni litro di latte c’è una perdita secca del 25% che ha portato i produttori a indebitarsi eccessivamente con gli istituti di credito. La forte discesa dei prezzi, l’origine della crisi del settore, è legata alla liberalizzazione della produzione (ovvero il superamento delle gabbie produttive – quote latte), non seguita da una politica di programmazione produttiva; tutto questo nell’ambito di un contesto di deboli e inadeguati controlli dei parametri di igiene e sicurezza alimentare riscontrato anche in alcuni paesi europei nonché dall’apertura di nuove importazioni da paesi considerati ad alto rischio di contaminazione e adulterazione degli alimenti e in un quadro internazionale instabile, soprattutto nell’area mediterranea e russo-ucraina. Pesa anche la contraffazione di prodotti Dop (Denominazione di origine protetta), in particolare i formaggi: è peraltro difficile stimare la quantità di prodotti venduti illegalmente col marchio made in Italy.
“È la più grave crisi del settore dal secondo dopoguerra a oggi” commenta il presidente della Federazione Unimpresa Agricoltura, Mario Braga. “Unimpresa è pronta a dare il suo contributo, in termini di proposte e relazioni, per aggredire la crisi. Abbiamo accolto positivamente la firma, da parte dei ministri Martina e Calenda, del decreto che introduce l’etichettatura obbligatoria, osteggiata per decenni da lobby internazionali. Si tratta del sistema col quale si indicano origine e luogo di confezionamento dei prodotti lattiero-caseari. Il provvedimento, che segue e rafforza il disegno di legge, all’esame del Parlamento, sull’etichettatura volontaria, è tuttavia insufficiente a rispondere a un’emergenza complessa e diffusa che rischia di destrutturare l’intero comparto zootecnico e che pertanto esige anche un immediato intervento sulle banche per la sospensione dei debiti accumulati dagli allevamenti nonché del pagamento delle tasse”.
“L’Italia – aggiunge Braga – è anche un Paese di allevatori che si sono affermati per capacità di applicazione delle migliori tecniche di selezione genetiche oltre che per professionalità impegnate a produrre latte di alta qualità e di certificata sicurezza alimentare”. Braga spiega, poi, che “gli allevamenti non sono industrie e richiedo tempo, almeno 10 anni, e dedizione per avviarsi e strutturarsi e che la chiusura degli allevamenti provoca ampi strati di crisi anche nell’indotto. Siamo chiamati a riconoscere all’agricoltura e all’agro-alimentare quel ruolo da primato che ha conquistato con decenni di ricerca, sperimentazione, produzione, con decenni di impegni e ingenti investimenti, con da dedizioni di intelligenze e professionalità che l’Italia non può permettersi di perdere. La zootecnia è per l’Italia un comparto strategico della qualità del vivere e le scelte istituzionali per governarlo non possono arrivare in ritardo, a vacche fuori dalla stalla”.
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