Le nuove norme sono entrate in vigore il 7 marzo, ma le prime settimane serviranno ai consulenti del lavoro e alle direzioni del personale dei grandi gruppi imprenditoriali per studiarne l’impatto oltre che per calibrarne l’applicazione nelle singole realtà produttive e lavorative. Si può pertanto stimare che un primo, sensibile incremento delle posizioni a tempo indeterminato si registrerà a giugno e proseguirà poi per tutto il secondo semestre del 2015: alla fine dell’anno le nuove assunzioni potrebbero arrivare a quota 250.000.
Tuttavia, non si tratterà di occupazione aggiuntiva al 100%. Sono infatti almeno tre i bacini da cui verranno “pescati” i neoassunti. Anzitutto, una parte dei nuovi contratti sarà “semplicemente” il frutto della stabilizzazione di attuali precari: si tratta dei contratti a tempo determinati, dei contratti a progetto e di collaborazione, delle partite Iva. La seconda fonte di lavoratori è quella dell’occupazione parzialmente irregolare o completamente “in nero”, vale a dire gli individui più o meno sconosciuti sia all’amministrazione finanziaria sia agli enti di previdenza. Il terzo recinto potrebbe infine essere quello composto dai disoccupati “veri”, cioè soggetti che non hanno occupazione di alcun tipo e che saranno assunti a tempo indeterminato beneficiando del “Jobs Act” e delle tutele crescenti. I settori che potrebbero incrementare più di altri l’occupazione sfruttando la riforma sono l’agricoltura, il turismo, i servizi e l’edilizia.
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