Mercato del lavoro a due velocità nell’Unione europea prima e dopo la crisi finanziaria internazionale: dal 2008 al 2015 l’occupazione è calata nell’area dell’euro di oltre 3 milioni di unità (-2%), mentre è cresciuta di 1 milione (+1,4%) nei Paesi che non adottano la moneta unica. Una doppia situazione che nei sette anni in esame ha portato il totale degli occupati in territorio negativo per oltre 2 milioni (-1%). Fra i quattro grandi Paesi dell’eurozona, l’occupazione è aumentata in Francia (+456mila lavoratori) e in Germania (+1,6 milioni), mentre è diminuita in Italia (-625mila posti) e in Spagna (-2,6 milioni). Questi i dati di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale nell’Unione europea, complessivamente, il totale degli occupati è passato da 222,8 milioni a 220,7 milioni, nell’area euro da 146,7 milioni a 143,5 milioni e fuori dell’eurozona da 76,1 milioni a 77,1 milioni.
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, dal 2008 al 2015 l’occupazione nell’Unione europea è calata di 2,1 milioni di unità (-0,97%) da 222,8 milioni a 220,7 milioni. Un risultato che è il frutto di andamenti opposti del mercato del lavoro, dentro e fuori della zona euro. Il totale dell’occupazione nei Paesi che adottano la moneta unica è calato di 3,2 milioni (-2,21%) da 146,7 milioni a 143,5 milioni; andamento opposto, invece, fuori dell’area monetaria unica, dove complessivamente si è registrata, nei sette anni sotto esame, un incremento dell’occupazione di 1,06 milioni (+1,40%) da 76,1 milioni a 77,1 milioni. Nel dettaglio dell’eurozona, analizzando i principali quattro Paesi, si osserva che in Francia e Germania l’occupazione è cresciuta: nel primo caso di 456mila unità (+1,76%) da 25,9 milioni a 26,3 milioni, nel secondo caso di 1,6 milioni (+4,33%) da 38,5 milioni a 40,2 milioni. I posti di lavoro sono diminuiti, invece, in Italia e in Spagna: nel nostro Paese di 625mila unità (-2,71%) da 23,09 milioni a 22,4 milioni, nel Paese iberico di 2,6 milioni (-12,72%) da 20,4 milioni a 17,8 milioni. Negli altri 15 Paesi dell’eurozona si è registrata una variazione positiva solo in quattro casi: in Austria di 154mila unità (+3,86%), in Belgio di 106mila unità (+2,38%), in Lussemburgo di 56mila unità (+27,72%), a Malta di 27mila unità (+16,98%). Quadro negativo, invece, per gli altri 11 Paesi: Cipro – 22mila (-5,74%), Estonia -15mila (-2,29%), Finlandia -94mila (-3,71%), Grecia -1 milione (-21,69%), Irlanda -164mila (-7,71%), Lettonia -159mila (-15,07%), Lituania – 92mila (-6,45%), Paesi Bassi -274mila (-3,19%), Portogallo -568mila (-11,10%), Slovacchia -10mila (-0,41%), Slovenia -79mila (-7,93%).
OCCUPAZIONE BOOM IN GERMANIA, CROLLANO I POSTI DI LAVORO IN GRECIA
In termini percentuali, la variazione peggiore è stata registrata in Grecia (-21,69%), in valori assoluti in Spagna (2,6 milioni di occupati in meno). Il balzo in avanti più significativo, invece, è quello del Lussemburgo in termini percentuali (+27,72%) e della Germania in valori assoluti (1,6 milioni di occupati in più). Si confrontano, dunque, due economie spesso messe in contrapposizione anche sul terreno politico: da una parte il boom dell’occupazione in Germania, dall’altro il crollo dei posti di lavoro in Grecia.
LONGOBARDI: “RIPENSARE FONDAMENTA UNIONE EUROPEA”
“Noi ci guardiamo bene dal fare il tifo per l’uscita dall’euro. Tuttavia, non possiamo non constatare come l’attuale architettura normativa e politica che è alla base dell’eurozona richieda un profondo cambiamento. Dobbiamo ripensare le fondamenta dell’Ue. L’Europa deve crescere e integrarsi ancora di più, ma servono riforme importanti, politiche fiscali comuni e cooperazione su tutti i fronti” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
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