Quanto alle novità introdotte in materia di apprendistato, appare lodevole la motivazione, molto meno il risultato. Se partiamo dall’assunto che la vera attività formativa è il lavoro e non solo l’aula (e per certi versi potremmo sottoscrivere pienamente) non si vede però quale possa essere l’elemento distintivo di un contratto che vede invece nella componente formativa la sua specialità rispetto agli altri e in special modo rispetto all’atteso contratto di inserimento a tutele crescenti. La manovra prevede il venir meno del piano formativo individuale e la facoltà (ma non è molto chiaro chi possa esercitarla) di far svolgere o meno la formazione di base e trasversale prevista dalle regioni. Al di là dei profili che impattano le competenze costituzionali attribuite alle stesse regioni (con le quali dal 2003 l’apprendistato fa i conti) l’assenza di formazione codificata potrebbe far so rgere dubbi anche sulla legittimità di una contribuzione così ridotta da parte della Unione europea. Senza piano formativo individuale poi sarà quasi impossibile verificare la coerenza della formazione “informalmente ricevuta” coerenza che invece il legislatore espressamente richiede al fine della legittimità contrattuale. Le semplificazioni sono auspicabili sempre, ma quelle che si trascinano in tasca il contenzioso proprio no.
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