Anche il costo dell’energia deve essere aggiunto tra i motivi della cassa integrazione ordinaria attivata dalle imprese. Tale richiesta trova la sua ragion d’essere nella attuale, inverosimile situazione nella quale molte aziende, pur avendo commesse e, quindi, teorico fatturato, preferiscono fermare le produzioni e le attività a motivo del caro-energia. È quanto chiede Unimpresa al governo spiegando che per le aziende in questa situazione e per i loro lavoratori manca uno specifico ammortizzatore sociale, considerando che il decreto ministeriale 95442 del 2016 (Gazzetta ufficiale 14 giugno 2016) non inserisce, tra i casi di causali integrabili per la cassa integrazione, anche gli aumenti del costo della produzione. La cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) oggi può essere richiesta per: mancanza di lavoro/commesse e crisi di mercato;
fine cantiere, fine lavoro, fine fase lavorativa; mancanza di materie prime; eventi meteo; sciopero di un reparto o di altra impresa; incendi, alluvioni, sisma; guasti ai macchinari e manutenzione straordinaria. «Inps e ministero del Lavoro intervengano immediatamente facendo chiarezza per tutte quelle aziende e i loro lavoratori che, pur avendo commesse, stanno decidendo di non produrre perché il prezzo dell’energia elettrica e il caro carburante hanno fatto schizzare alle stelle i costi di produzione i quali non posso e non devono essere riversati interamente sui clienti/consumatori. Va introdotta immediatamente tra le causali per l’utilizzo della Cassa integrazione ordinaria anche il “caro energetico” ed al tempo stesso si elimini per tale causale l’onere a carico delle aziende» commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi.
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