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    Categories: Psicologia

Lo psicologo forense al fianco dell’investigatore privato nel processo civile. Le sinergie vincenti e l’approccio integrato al caso

di Pier Giorgio Gabriele

Al momento di recepire la domanda posta in essere dal nuovo cliente, l’investigatore privato si trova per forza di cose investito non unicamente da quella che è la domanda oggettiva di intervento sul caso specifico portato, ma anche dall’emozionalità insita nella soggettività del vissuto dello stesso cliente. Quanto questa emotività accessoria possa incidere da elemento non esclusivamente informativo, e cioe’ portatore di informazioni accessorie rilevanti, delle credenze del cliente sulla sua propria situazione, degli scopi intravisti e percepiti come salienti in relazioni al processo civile, è facilmente intuibile. Per meglio comprendere come lo psicologo forense – psicoterapeuta possa essere di aiuto all’investigatore privato, andremo ad esaminare i campi di azione e di sovrapposizione delle competenze di queste due figure, e le loro interazioni professionali. 

Sappiamo difatti che quando si arriva al punto di chiedere l’aiuto di un investigatore privato, significa che la persona richiedente si trova in una condizione in cui il dubbio che stia accadendo qualcosa di preoccupante o addirittura pericoloso nella propria vita lo motivi a chiedere un intervento ad un professionista del settore.

Ciò può riguardare la sfera familiare, per esempio quando uno dei partner sospetta di essere tradito, oppure in quei casi in cui i genitori sono angosciati per le condotte dei propri figli, e a seguito delle indagini investigative scoprono che i loro ragazzi sono implicati nel ruolo vittima o di carnefice inazioni criminose, o ancora sono caduti nella dipendenza da sostanze o da gioco, o in qualsiasi altro comportamento dipendente che compromette la salute fisica e mentale e a volte economica dei propri congiunti e di tutta la famiglia. Inoltre si può chiedere l’intervento di un investigatore privato nei casi in cui si è vittima di molestie o stalking, in modo da raccogliere prove efficaci per affrontare il percorso legale.

In tutti questi casi, che riguardano l’area familiare e personale del cliente, l’investigatore è chiamato a dipanare i dubbi e consegnare prove, ma cosa accade al cliente dopo aver preso coscienza dei fatti? La persona si troverà ad affrontare dei vissuti emotivi molto intensi e dei cambiamenti di vita che richiedono notevole energia psichica. Non è certo compito dell’investigatore aiutare il cliente a gestire queste situazioni, dovere che richiama invece le competenze di psicologi e psicoterapeuti. Ecco allora qual è il senso di una collaborazione tra investigatori privati e psicologi: gli uni forniscono prove al cliente, gli altri forniscono strumenti per elaborare le conseguenze che quelle prove determinano.

Prendersi cura del benessere psicologico dei propri clienti è pertanto fondamentale, soprattutto per evitare distorsioni di natura comunicativa che possono, come abbiamo esaminato in precedenza, condurre sia il cliente che l’investigatore privato fuori strada rispetto al raggiungimento dell’obiettivo. In questo modo i clienti potranno avere una rete di professionisti a cui far riferimento in un momento di forte criticità, ognuno con le proprie competenze e molto probabilmente in fasi temporali diverse, saprà fornire un servizio cucito sulle esigenze del cliente, al fine di mettere in campo un intervento efficace ed efficiente.

Nello specifico dell’attività insita nel processo civile, vediamo come lo psicologo forense, debitamente formato e specializzato, coadiuvi sovente l’investigatore privato partecipando anch’egli in veste di CTP, invero consulente tecnico di parte, rappresentando pertanto gli interessi del cliente che lo ha scelto in rappresentanza professionale. Da qui la necessità di un lavoro fra le parti investigatore – psicologo, che debba procedere necessariamente in parallelo, attraverso un confronto continuo che sia soprattutto triadico intercorrente quindi fra l’avvocato del cliente ed i due CTP. Quando parliamo di approccio integrato non stiamo quindi dicendo un’ovvietà in quanto tale confronto deve necessariamente essere attivo e votato alla compartecipazione delle informazioni e degli sviluppi possibili in un decorso mai breve. Conosciamo difatti i tempi della giustizia italiana ed entrare a lavorare in un procedimento giuridico significa assolutamente conformarvisi, cercando si attraverso un operato attivo e strategico di portare al cliente risultati efficienti nelle tempistiche migliori. Nello specifico lo psicologo forense, quando investito della carica di CTP, sovraintende alle operazioni peritali poste in essere dal CTU ovvero consulente tecnico d’ufficio, al fatto che queste seguano una “buona prassi”, con lo scopo fondamentale di tutelare gli interessi del proprio cliente per cio’ che concerne la propria applicazione professionale. Infine, quando il percorso di CTU volgerà alle sue fasi finali ed il CTU avrà depositato la bozza del documento finale, sarà possibile per le parti coinvolte come CTP, produrre ciascuna delle note contro deduttive alle quali il CTU risponderà producendo in finale la consulenza tecnica d’ufficio definitiva, documento questo che sarà in grado di orientare la decisione del giudice secondo il proprio intendimento e nella libertà delle sue funzioni. Questi sono soltanto alcuni aspetti delle zone di sovrapposizione fra queste due professioni, l’investigatore privato e lo psicologo forense, certo è che un lavoro disgiunto produrrebbe un risultato senza dubbio parziale e meno integrato di quanto si possa giovare con una seria e attenta collaborazione interprofessionale.

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