«Ci aspettavamo di più, molto di più sul fronte della riduzione delle tasse per le imprese. È stata fatta una scelta, legittima, da parte del governo che rispettiamo, ma non condividiamo. Questa legge di bilancio era l’occasione per avviare un processo di riforma fiscale in un’ottica di lungo periodo. Invece, ancora una volta, si è scelto di proseguire sulla strada di soluzioni non strutturali, che rendono l’impianto normativo del nostro sistema tributario ancora più complesso, quando invece servirebbe una semplificazione attraverso una feroce riduzione delle regole». Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «Certamente sono importanti le misure adottate fin qui dal governo Meloni volte ad aiutare le imprese, e anche le famiglie, con l’aumento delle bollette energetiche» aggiunge Ferrara. Secondo i dati del Centro studi di Unimpresa, in Italia il peso delle tasse rispetto al prodotto interno lordo è passato dal 39% del 2005 al 42,9% del 2021: in 15 anni la pressione fiscale, misurata col rapporto tra le entrate complessive nelle casse dello Stato e il pil, ha compiuto una corsa al rialzo senza precedenti, con una crescita di quasi quattro punti in più. Il nostro Paese resta in cima alla classifica per il maggior carico di tasse, ma continua a essere uno di quelli in cui le prestazioni pubbliche offerte a cittadini e imprese (in termini di welfare e di servizi) è tra i meno generosi. Nel ranking dei paesi più tassatori, prima dell’Italia c’è la Danimarca col 46,5%, la Francia col 45,4% e il Belgio col 43,1%, ma in quelle tre nazioni lo Stato è senza dubbio più avanzato del nostro in termini di assistenza e servizi. «Oggi il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha detto che la riforma fiscale, con una nuova delega, arriverà l’anno prossimo: è un film già visto tante, troppe volte. Una delega nel 2023 vuol dire arrivare al traguardo, nella migliore delle ipotesi, l’anno successivo. Ma questo vorrebbe dire una attesa di altri due anni, un lasso di tempo così ampio nell’arco del quale molte imprese, fiaccate dalla crisi, potrebbero non farcela a sopravvivere» aggiunge Ferrara.
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