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Manovra: Longobardi (Unimpresa), pos a 60 euro? Chi paga in contanti riceve o può pretendere lo scontrino

Foto di Pexels da Pixabay

Il presidente onorario dell’associazione: problemi di operatività per i piccoli commercianti, la fascia da 31 a 60 euro non può essere la zona più ampia di evasione fiscale; polemiche incomprensibili, errore grossolano; la misura non agevola l’evasione

«L’obbligo di accettare pagamenti con le carte di credito e il Bancomat, con il livello minimo per commercianti e partite Iva portato da 30 euro a 60 euro con la legge di bilancio, sta generando una incomprensibile querelle tra le forze politiche: chi associa l’alzamento della soglia per i Pos a un aumento dell’evasione fiscale commette, infatti, un errore grossolano. Questa norma, insomma, non agevola l’evasione fiscale e chi paga in contanti riceve o può pretendere lo scontrino. Anzitutto, occorre sottolineare che chi paga in contanti riceve uno scontrino dall’esercente: un documento contabile e fiscale che cancella qualsiasi possibilità di non versare tasse nelle casse dello Stato e che, di fronte a una mancata emissione da parte del commerciante, può comunque essere chiesto e preteso». Lo dichiara il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi. «Vale poi la pena sottolineare che appare quantomeno singolare concentrare così tanta attenzione su una fascia di pagamenti, quelli da 31 euro a 60 euro, individuandola come la zona più ampia di evasione fiscale. Ma davvero si vuol convincere la pubblica opinione che il problema è l’evasione in questa fascia di pagamenti? Chi sostiene questa tesi è in malafede e dimentica i miliardi di euro, per esempio, non pagati dai giganti del web, per i quali non si vedono iniziative particolarmente aggressive» aggiunge Longobardi. Secondo il presidente onorario di Unimpresa «la misura proposta dal governo di Giorgia Meloni, e ora all’esame del Parlamento, mira da un lato a garantire un certo grado di libertà ai commercianti e alle partite Iva, dall’altro consente, in talune circostanze, anche temporali, di agevolare le procedure di pagamento che, talvolta, comportano tempi aggiuntivi quando eseguite con il Pos. Tempi più lunghi che possono essere dettati dalla ricerca della carta nelle borse e nei portafogli, dal ricordare il pin e anche dalla necessità, non remota, di ripetere l’operazione con il Pos in caso di disfunzioni nell’apparato, nel sistema di telefonia e collegamento con la banca, nell’inserimento del codice sbagliato. Lungaggini che, se possono essere gestite con semplicità in grandi esercizi commerciali, possono, invece, rappresentare un appesantimento dell’operatività per i negozi più piccoli, gestiti da una o due persone, quelli nei quali i pagamenti sono di importo contenuto, sotto, appunto, la soglia di 60 euro. È a queste criticità che la norma della legge di bilancio cerca di trovare una soluzione, una semplificazione». Per Longobardi «va invece affrontato il tema dei costi pagati alle banche sia quelli delle commissioni sulla singole transazioni sia quelli relativi al canone di noleggio dei singoli apparecchi Pos: costi che se i grandi negozi riescono ad ammortizzare nell’ambito di importanti volumi d’affari, per le attività minori rappresentano, al contrario, un fattore non irrilevante che erode i giù bassi margini di guadagno».

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