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MANOVRA, C’È TASSA SU BANCHE DA 700 MILIONI DI EURO

Nella manovra sui conti pubblici c’è – e vale poco meno di 700 milioni di euro – la tassa sulle banche. La stangatina sugli istituti di credito è l’effetto dei calcoli tra anticipi di liquidità per 4 miliardi previsti dal governo e successive compensazioni per “soli” 3,3 miliardi, così come stabilito dall’articolo 3 (comma 5) della legge di bilancio all’esame della Camera.

Questo «impatto negativo» è il frutto dell’allargamento della base imponibile che si forma a motivo delle minori deduzioni su svalutazioni crediti, principi contabili internazionali e avviamento: tali poste possono essere compensate da perdite pregresse ed eccedenze Ace nel limite massimo del 65%, ragion per cui si determina, per il settore bancario, un maggior versamento di Ires di 695 milioni solo per il 2025.

È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui, complessivamente, nel 2025 le banche subiranno un colpo di 3,2 miliardi: ai 2,5 miliardi di minori sgravi sulle imposte differite vanno sommati i 695 milioni di Ires aggiuntiva.

«Il governo è riuscito a togliere qualcosa alle banche per rimettere denaro in circolazione attraverso le finanze pubbliche. Si tratta di cifre che non sembrano capaci di cagionare difficoltà ai conti del settore e, comunque, sono assai lontane dal salasso di almeno 3-4 miliardi che era stato ipotizzato nelle scorse settimane. Quei 700 milioni, insomma, non metteranno in alcun modo in ginocchio le banche, tenendo conto che gli utili dell’industria creditizia, anche grazie alla politica monetaria della Bce e ai buoni margini di guadagno sui prestiti, sono stati superiori a 40 miliardi nel 2024 e per quest’anno potrebbero arrivare a quota 50 miliardi. La misura ha una forte valenza sociale ed è un segnale politico estremamente importante che il governo manda alla comunità finanziaria del Paese, da cui si attende una sempre maggiore attenzione per l’economia reale» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Nella partita di giro con l’erario, tra anticipi di liquidità per il 2025-26 e future compensazioni di crediti fiscali, ci rimetteranno, per l’esattezza, 694,8 milioni. Si tratta di più imposta sui redditi delle società (Ires) aggiuntiva che le banche dovranno pagare poiché la misura sulle Dta (Deferred tax asset, cioè le imposte differite del settore bancario) inserita nella manovra dal governo porterà alla luce, l’anno prossimo un «maggior reddito imponibile» che si formerà per varie ragioni bilancistiche e fiscali.

A fronte di 695,1 milioni di Ires aggiuntiva, le banche risparmieranno 300 mila euro di Irap, cifra che non incide significativamente sull’impatto negativo totale della norma a carico degli istituti di credito. La misura comporta 2,5 miliardi di anticipi nel 2025 e 1,5 miliardi nel 2026: nel primo anno 2,1 miliardi saranno attinti dall’Ires e 408,7 milioni dall’Irap; nel secondo anno, gli apporti dei tributi saranno rispettivamente pari a 1,2 miliardi e a 310 milioni.

La “stangatina” emerge analizzando con precisione i saldi della misura: le banche anticiperanno complessivamente, nel 2025 e nel 2026, poco più di 4 miliardi e 67 milioni, ma recupereranno, tra il 2027 e il 2030, solo 3 miliardi e 37 milioni. Le “rate” annuali con le quali i big bancari compenseranno l’anticipo di liquidità sono: la prima da 461,7 milioni e le successive tre da 970,4 milioni ciascuna. I calcoli confermano l’impatto negativo complessivo di 694,8 milioni: di questi, Intesa Sanpaolo dovrà farsi carico di 186,4 milioni, Unicredit 159 milioni, Banco Bpm di 56,9 milioni, Bper di 27,2 milioni e Monte dei Paschi di Siena di 22,2 milioni. 

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