La differenza tra il rapporto deficit/pil al 2,4% e al 2,04% si traduce in 6,5 miliardi di euro in meno di risorse a disposizione. Il negoziato tra il governo italiano e l’Unione europea, dunque, si concluderà, di là dai millesimi finali, con un risultato negativo per il nostro Paese, in termini di fondi a disposizione per finanziare le misure economiche della legge di stabilità. I calcoli sono del Centro studi di Unimpresa e prendono in considerazione il pil nominale per il 2019 che il governo ha stimato in 1.816 miliardi di euro: con il rapporto tra deficit e pil al 2,4% (previsione della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) il disavanzo sui conti pubblici, l’anno prossimo, sarebbe arrivato a quota 43,5 miliardi di euro; col rapporto tra deficit e pil al 2,04% (ovvero 0,36% in meno) si scende a 37,1 miliardi. Ne consegue che gli interventi per la crescita economica dovranno essere finanziati, complessivamente, con 6,5 miliardi in meno.
“Di là dai decimali e dai millesimi, è evidente che il passo indietro del governo, nell’ambito del negoziato con l’Unione europea sulla manovra, dimostra che sono stati persi due mesi per una battaglia inutile sul deficit. Di fatto, Roma si piega alle richieste di Bruxelles e il livello di indebitamento dei nostri conti pubblici viene portato a un livello più vicino ai vincoli imposti dall’Unione europea. In questi due mesi, lo spread è arrivato a livelli pericolosi, con effetti sul costo degli interessi pagati su bot e btp, le imprese e le famiglie hanno visto sfumare la fiducia riconquistata in precedenza, con ripercussioni sulla programmazione degli investimenti delle aziende e sui consumi quotidiani dei cittadini”. Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
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