Ammontano fino a 10.000 euro l’anno le spese complessive, tra costi fissi e commissioni bancarie, che un ristorante o un bar deve sostenere per gestire i pagamenti con Pos, accettando, quindi, carte di credito e bancomat. Una cifra più bassa rispetto al 2017, quando le tariffe dei pagamenti elettronici erano decisamente più rilevanti e le spese complessive arrivavano a sfiorare 14.000 euro l’anno: in cinque anni, dunque, si è registrato un calo di circa il 40%. Un calo che interessa sia i costi fissi per i pos (point of sale) passati in media, in relazione al canone mensile, da 14 euro a 5 euro (-63%) per gli apparecchi mobili e da 24 euro a 8 euro per (-66%) per i dispositivi fissi. Quanto alle commissioni, si aggirano attorno all’1,6% per i pos mobile (-26% sul 2017) e attorno all’1,40% per i pos fissi (-37%). La somma dei costi fissi mensili e delle commissioni riconosciute alle banche o ad altri operatori dell’industria dei pagamenti porta il totale della spesa, a carico di un ristoratore o di un commerciante, fino a 10.000 euro: cifra alla quale si arriva, per esempio, nel caso non raro di un esercente in possesso di due o tre diversi dispositivi (mobile o fissi, per bancomat o carte di credito), ciascuno dei quali può comportare un esborso di 3.000-4.000 euro secondo l’incasso dell’attività.
È quanto rileva il Centro studi di Unimpresa, secondo cui l’obbligo di accettare pagamenti con le carte di credito e il Bancomat, con il livello minimo per commercianti e partite Iva portato da 30 euro a 60 euro con la legge di bilancio, sta generando una incomprensibile querelle tra le forze politiche: chi associa l’innalzamento della soglia per i Pos a un aumento dell’evasione fiscale induce l’opinione pubblica in errore perché questa norma non agevola l’evasione fiscale e chi paga in contanti riceve o può pretendere lo scontrino. «Va affrontato, assieme ai rappresentanti delle banche e al governo, il tema dei costi pagati alle banche sia quelli delle commissioni sulle singole transazioni sia quelli relativi al canone di noleggio dei singoli apparecchi Pos: costi che se i grandi negozi riescono ad ammortizzare nell’ambito di importanti volumi d’affari, per le attività minori rappresentano, al contrario, un fattore non irrilevante che erode i giù bassi margini di guadagno» commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il totale della spesa per gestire le transazioni con carte di credito e bancomat, a carico di un ristorante o di un negozio, arriva a sfiorare i 10.000 euro annui. Cifra che si raggiunge con la somma della spesa per gestire diversi pos (point of sale): fissi, mobile, per carte di credito e per bancomat. Ciascun dispositivo, infatti, “pesa” anche oltre 3.000 euro annui complessivi, se si considerano sia i costi fissi sia le commissioni per ciascuna transazione. Si tratta di una spesa in calo di circa il 40% rispetto al 2017, quando si potevano pagare complessivamente addirittura 14.000 euro. Costi più contenuti, invece, anche in ragione del volume d’affari più ristretto, per un libero professionista: per un pos mobile che gestisce il bancomat oggi la spesa è di 1.200 euro circa, rispetto ai 1.800 euro del 2017 (-50%) oppure 1.400 euro per un pos mobile delle carte di credito (-35% rispetto ai 2.200 euro del 2017); per i pos fissi, invece, le partite Iva pagano 1.000 euro circa per quelli col bancomat (-40% rispetto ai 1.800 euro del 2017) oppure 1.300 euro per quelli dedicati ad altre carte (-48% rispetto ai 2.500 euro del 2017). Un negoziante spende circa 3.300 euro per quelli mobile del bancomat (-25%), 3.750 euro per quelli mobile delle carte (-32%), 2.800 euro per quelli fissi con bancomat (-38%) e 3.500 euro per quelli fissi con carta (-44%). Un ristoratore spende circa 3.000 euro per quelli mobile del bancomat (-25%), 3.400 euro per quelli mobile delle carte (-32%), 2.500 euro per quelli fissi con bancomat (-37%) e 3.200 euro per quelli fissi con carta (-44%). Un calo che riflette le riduzioni dei costi fissi per i pos (point of sale) passati in media, in relazione al canone mensile, da 14 euro a 5 euro (-63%) per gli apparecchi mobili e da 24 euro a 8 euro per (-66%) per i dispositivi fissi; anche le commissioni sono scese oggi, si aggirano attorno all’1,6% per i pos mobile (-26% sul 2017) e attorno all’1,40% per i pos fissi (-37%).
«La misura proposta dal governo di Giorgia Meloni, e ora all’esame del Parlamento, mira da un lato a garantire un certo grado di libertà ai commercianti e alle partite Iva, dall’altro consente, in talune circostanze, anche temporali, di agevolare le procedure di pagamento che, talvolta, comportano tempi aggiuntivi quando eseguite con il Pos. Tempi più lunghi che possono essere dettati dalla ricerca della carta nelle borse e nei portafogli, dal ricordare il pin e anche dalla necessità, non remota, di ripetere l’operazione con il Pos in caso di disfunzioni nell’apparato, nel sistema di telefonia e collegamento con la banca, nell’inserimento del codice sbagliato. Lungaggini che, se possono essere gestite con semplicità in grandi esercizi commerciali, possono, invece, rappresentare un appesantimento dell’operatività per i negozi più piccoli, gestiti da una o due persone, quelli nei quali i pagamenti sono di importo contenuto, sotto, appunto, la soglia di 60 euro. È a queste criticità che la norma della legge di bilancio cerca di trovare una soluzione, una semplificazione» osserva il presidente onorario di Unimpresa.
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