L’indagine è stata realizzata attraverso un sondaggio a campione tra le 130.000 associate di Unimpresa, condotto nelle 60 sedi provinciali dell’associazione. La stretta delle banche risulta omogenea in tutti i settori produttivi, con alcuni picchi negativi nell’edilizia e nel commercio. Nel primo caso si scontano gli effetti della bolla immobiliare e del rallentamento delle vendite di appartamenti, specie quelli di nuova costruzione. I commercianti, invece, risentono delle difficoltà causate dal calo dei consumi. Cala il fatturato e di conseguenza si riducono i margini per le linee di credito. “Le indicazioni recenti della Banca d’Italia, secondo cui ci sarebbe stata una inversione di tendenza nell’ultimo periodo, evidentemente non tengono conto della frammentata realtà dell’economia del nostro Paese: probabilmente i canali bancari sono stati parzialmente riaperti per i grandi gruppi industriali, ma di sicuro il denaro non è arrivato alle micro e piccole e imprese che rappresentano il tessuto produttivo italiano” osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
“La nuova liquidità della Banca centrale europea recentemente annunciata da Mario Draghi stavolta deve necessariamente essere destinata a sostenere il credito bancario per le impresse” aggiunge Longobardi. “La stretta dei rubinetti dei prestiti allo sportello è arrivata a livelli insopportabili, ormai le imprese sono stremate, il disastro è vicino” osserva il presidente dell’associazione, convinto che “bisogna creare le condizioni per uscire dalla bufera e agganciare la ripresa”. “Le prime due aste di liquidità della banca centrale hanno garantito agli istituti italiani oltre 250 miliardi di euro: una montagna di quattrini di cui tuttavia non ha beneficiato l’economia reale” spiega Longobardi. “Adesso serve una svolta, bisogna rimettere in moto il mercato del credito”.
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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