L’Italia ha conquistato il primo posto, un vero e proprio record in Europa, nel salasso di cittadini e imprese. Ma non basta. Sembra che lo Stato abbia intenzione di battere anche questo record, poiché da decenni ha esposto un cartello con la scritta: “DAL PROSSIMO ANNO DIMINUIRANNO LE TASSE”. Così il “popolo sovrano” continua ad illudersi e sperare, anno dopo anno, mentre migliaia di imprese (10.000 solo da gennaio a settembre del 2013) falliscono, mandando sul lastrico i lavoratori con le rispettive famiglie. Come si fa a non dubitare della piena capacità di intendere e di volere di molti “personaggi” politici del “patrio Governo”? Le imprese non sono vacche da mungere o da mandare al macello, ma sono organismi, costituiti da imprenditori e lavoratori,che producano ricchezza (beni e servizi) per tutti i cittadini. Lo Stato ha il dovere di promuovere e facilitare la loro crescita in modo che possano svolgere tutta la loro funzione sociale e non soffocarle mediante una pressione fiscale assurda e insostenibile. All’art. 53 della Costituzione italiana c’è scritto : “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” La “morìa” di imprese in Italia è stata certamente causata anche dalla crisi economica mondiale, ma moltissime imprese potevano salvarsi, invece sono fallite per colpa grave di alcuni burocrati “servitori” dello Stato, che si sono basati non sulla reale capacità contributiva ma su quella presunta. Diversi imprenditori per salvarsi sono “scappati” in Paesi dove sono stati accolti a braccia aperte e dove esiste un efficiente apparato burocratico che collabora alla soluzione dei problemi e non è, come spesso avviene nel nostro Paese, arrogante e persecutorio. La conseguenza più diretta della fuga delle imprese e dei cervelli è la diminuzione del gettito fiscale (per la minore produzione) e l’aumento della disoccupazione, a cominciare da quella giovanile, con incalcolabili danni economici e sociali. Gli evasori fiscali di professione vanno colpiti duramente mentre con quelli occasionali bisogna dialogare, specie quando sono in buona fede ed evadono a causa di norme complesse e poco chiare e per mancanza di assistenza da parte degli organi statali di vigilanza. Con la facile accusa di evasione fiscale sono state decapitate (dal 1992 ad oggi) in modo sbrigativo imprese italiane eccellenti con enorme danno anche per lo Stato e per i lavoratori e le loro famiglie. A tutto ciò va aggiunta l’indignazione dei cittadini onesti nel vedere la fine che fanno, nel nostro Paese, moltissimi proventi fiscali che invece di essere destinati alle “spese pubbliche” finiscono nelle tasche delle numerose caste di politici, di burocrati e dei loro parenti e amici, che li utilizzano per festini, patrimoni immobiliari, mobiliari, ecc., in barba ai molti lavoratori ridotti alla fame ed alla marea di giovani disoccupati. Possiamo continuare a farci “spennare” dal fisco e stare zitti? Certo che no! Tutti quelli che abbiamo a cuore il futuro della nostra bella Italia non possiamo più mandare al Governo ed alle Istituzioni territoriali i parolai incompetenti che nemmeno sono adatti a … pelare patate.
Bruno Latella, presidente onorario di Unimpresa
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