Così Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, punta l’indice contro quel sommerso che contribuisce al non corretto funzionamento dei mercati di beni e servizi e del lavoro, introducendo una distorsione della concorrenza all’interno del paese e tra i paesi e favorisce i legami tra attività criminali e attività legali. Nuoce ai lavoratori coinvolti, che rimangono privi di protezioni e garanzie.
“Sulla scena internazionale, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), nel 2009 circa 1,8 miliardi di persone hanno lavorato in nero, ossia la metà della forza lavoro mondiale – spiega Longobardi – Questi dati sono tuttavia destinati a crescere vertiginosamente: le stime dell’Ocse dicono che nel 2020 addirittura due terzi della forza lavoro mondiale avrà abbandonato il mercato ufficiale per il “Sistema sommerso”, un’economia spontanea, parallela e multinazionale, con le sue regole non scritte, che sfugge a ogni controllo statale o istituzionale e che soprattutto non paga le tasse”.
Colpisce, in particolare, quanto l’economia sommersa, nonostante la sua rilevante dimensione, abbia ancora dei contorni sfuggenti.
“In Italia – ove l’economia sommersa è stimata intorno ai 250 miliardi di euro con mancati introiti per il Fisco di circa 120-125 miliardi l’anno – il fenomeno si concentra prevalentemente nei servizi – aggiunge – non solo in quelli a basso valore aggiunto (nei servizi domestici e di assistenza alla persona) o tradizionalmente ad alta intensità di irregolarità, come bar e ristoranti, i piccoli esercizi commerciali, agriturismi e campeggi, ma anche in quelli a più alto contenuto professionale, che hanno peraltro fatto registrare un notevole incremento occupazionale nell’ultimo triennio: l’intermediazione immobiliare, i servizi di consulenza alle imprese, i servizi informatici e di intermediazione finanziaria. Il sommerso tende a presentarsi anche sotto forme non tradizionali che vengono oggi individuate nelle pratiche di evasione contributiva da parte dei singoli e delle imprese, nei fuori busta, nelle doppie buste paga, nell’utilizzo improprio dei contratti a progetto”.
Questi comportamenti, dopo il lavoro irregolare prestato dagli immigrati, sono i fenomeni di irregolarità più diffusi nel Paese.
“Rilevazioni che, tuttavia, non esauriscono il tema dell’economia sommersa poiché resta da chiarire la diffusa presenza, in alcune zone del nostro Paese, di imprese marginali e submarginali che danno un’occupazione, anche se precaria, alle fasce deboli del mercato del lavoro e offrono, a costi ridotti, produzioni finali ed intermedie ad alta intensità di lavoro e a bassa produttività; oppure, ancora, vendono i loro prodotti in mercati poco interessanti per le medie e grandi imprese – conclude il leader di Unimpresa – Per queste ragioni ritengo illusorio puntare sull’emersione per sanare la crisi fiscale, la perdita di competitività, gli squilibri occupazionali, poiché il sommerso è la conseguenza di queste difficoltà e non ne è la causa. Piuttosto sono convinto che la riduzione del peso del sommerso e la contemporanea riduzione dell’evasione fiscale e contributiva si ottengano con la crescita economica guidata dall’aumento della produttività dei fattori e con l’aumento della concorrenza dinamica specie nei servizi”.
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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