Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, interviene sul caso dell’imprenditore di Portici, in provincia di Napoli che, attraverso i mass media, ha voluto far conoscere il suo dramma.
“Dopo tante lotte e sacrifici chiuderemo l’azienda e 130 operai finiranno per strada – ha spiegato Imberbe – La camorra vince sempre. Lo Stato ci protegge per un periodo, poi torna tutto come prima e loro tornano a minacciare ed estorcere. Non c’è sicurezza, la loro manovalanza è infinita”.
Per Longobardi “E’ una vicenda che addolora e che rafforza l’intento di Unimpresa di schierarsi apertamente al fianco di tutti quegli imprenditori eroicamente impegnati sul fronte della lotta alla criminalità organizzata.
“L’illegalità dilaga con effetti distruttivi sul singolo e sulla collettività – ha aggiunto il leader dell’associazione di categoria delle micro, piccole e medie imprese – L’arricchimento illecito è fattore di impoverimento economico e di decadimento civile della società. Il quadro delle indagini sulle infiltrazioni camorristiche sono preoccupanti e testimoniano il consolidarsi di operazioni sempre più strutturate da parte degli ambienti malavitosi. Il passaggio dall’imposizione del pizzo al ricorso all’usura e dall’usura all’acquisizione dell’azienda da parte del crimine organizzato è un fenomeno che appare inarrestabile”.
Per Unimpresa, bisogna approntare un ventaglio di interventi che parta dalla assistenza legale e psicologica – l’angoscia e il terrore infliggono pene invalidanti per la qualità della vita delle vittime e dei familiari – fino alla collaborazione con le autorità investigative e giudiziarie.
“Per questi motivi sollecito le istituzioni a sostenere con atti concreti le tante associazioni che sparse sul territorio si affannano ogni giorno in una lotta tanto dura quanto sbilanciata – prosegue – Si tratta di associazioni che molto spesso operano in totale assenza di fondi ed a proprie spese; pur tuttavia, sono solite offrire un solido aiuto a commercianti, artigiani ed imprenditori dei servizi, vessati dagli strozzini e dalla criminalità organizzata. Mi riferisco a quel modello già sperimentato in alcune città del napoletano dove alcuni cittadini coraggiosi si sono organizzati autonomamente, anche con l’aiuto degli enti locali, fondando una associazione e predisponendo un numero verde antiracket, dedicato alle vittime degli strozzini. Il modello sta già riscuotendo enormi successi, atteso che è stata battezzata la nascita di un vero e proprio “collettore” tra le forze dell’ordine e le vittime del racket, al fine di convincere questi a denunciare e, al contempo, coadiuvare le forze dell’ordine e la magistratura nel loro già prezioso lavoro”.
Le associazioni di categoria e professionali devono predisporre codici di autoregolamentazione, sottolinea ancora Longobardi, ed espellere tutti coloro che emergono coinvolti in connivenze con la criminalità mafiosa, anche solo come fiancheggiatori, o che finiscono vittima del racket delle estorsioni senza denunciare.
“Ma la cultura della legalità da sola non può bastare quale antidoto alle infiltrazioni mafiose conclude – Occorre un innalzamento del livello di guardia. Colpire le ricchezze dei clan è l’unico mezzo per aumentare la permeabilità del tessuto economico e sociale alla loro infiltrazione. E’ indispensabile che l’argomento divenga punto fermo nell’agenda politica delle istituzioni locali, e che si rafforzi una sinergia tra i rappresentanti istituzionali e quelli del mondo economico”.
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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