Di Giovanni Assi (Consigliere nazionale Unimpresa)
Si assiste in queste ore ad un quanto mai stucchevole dibattito sull’ormai prossima Legge di Bilancio che rappresenta ancora una volta e come tutte le ultime misure, un brodino caldo da somministrare ad un malato terminare. Sì perché sembra di assistere ad un quanto mai finto restyling di un sistema passato ed obsoleto a cui cambiare semplicemente il nome di una misura già esistente o mutare un requisito (età piuttosto che sesso) per presentare alle nostre aziende ed ai loro lavoratori un nuovo (ma vecchio) sistema del lavoro che non sortirà nessun effetto se non quello di mettere in discussione oltre un milione di posti di lavoro al cadere del termine del divieto di licenziamento imposto.
Continuare a parlare di sgravi contributivi “a termine” pensando che con una riduzione di pochi mesi dei contributi, un imprenditore in questo momento decida di mantenere o ancor di più incrementare i livelli occupazionali è pura follia.
Serve aggiornare il sistema di norme ad un mercato del lavoro caratterizzato sempre più da modelli organizzativi che siano uno strumento in grado di accompagnare, favorire ed accrescere i processi di innovazione.
Serve una riforma strutturale del lavoro considerando che le più recenti riforme, come la legge Fornero del 2012 ed il Jobs Act del 2014 oltre ad essere rimaste “incomplete” e non affatto efficaci, risalgono ormai ad “un’epoca” pre-covid i cui scenari sono lontani anni luce da quelli attuali e soprattutto da quelli futuri del post-covid. È necessario un vero e proprio Patto per il Lavoro che sia in grado di adeguarsi al Mondo 4.0 ovvero a quel mondo che mette a rischio nel nostro Paese nei prossimi 5-7 anni, quasi 9 milioni di posti di lavoro, un mondo in cui le imprese superstiti inventano nuovi mercati dando il via ad una nuova catena di valore e di nuove competenze in cui “ieri” diventa obsoleto.
– Serve pertanto un lavoro flessibile esattamente come è flessibile il mercato del lavoro in cui le imprese operano, con una revisione totale del Decreto dignità che con l’irrigidimento delle norme ha solo contribuito a togliere lavoro (e la dignità) a molti lavoratori;
– Serve un vero impulso a quel Welfare aziendale ancora oggi troppo poco diffuso nelle nostre realtà imprenditoriali, soprattutto nelle micro e piccole imprese, spaventate da un sistema di attuazione troppo complesso e soprattutto ancora oggi troppo limitato, che dia invece ai lavoratori ed alle proprie famiglie un welfare che possa garantire loro il presente ed il futuro dei loro figli;
– Serve una revisione degli ammortizzatori sociali, che dia alle aziende e ai loro lavoratori la serenità di poter per i primi trattenere le proprie professionalità anche nei periodi di contrazione dell’attività senza costi aggiuntivi occulti, e per i secondi il mantenimento del proprio reddito che invece si sono visti dimezzati oltre che differiti di mesi con le ultime casse integrazioni, un sistema che preveda nei periodi di cassa integrazione dei percorsi di riqualificazione e specializzazione delle proprie risorse attraverso percorsi formativi di semplice ed immediata attuazione senza dover invece anche qui procedere a “spaventosi” meccanismi burocratici come previsti dal neo Fondo Nuove Competenze che segnerà l’ennesimo flop di una misura a beneficio di pochi;
– Serve infine un mercato del lavoro che possa rendere le nostre aziende più competitive anche sui mercati esteri con un taglio strutturale (non 6 o 12 mesi!) delle aliquote contributive, con una unica al 10% rispetto all’attuale media del 30%.
Questo serve, un Patto per il Lavoro 4.0 che faccia trovare pronte ai blocchi le nostre aziende all’ormai prossimo (speriamo) START
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