Ai milioni di turisti dell’arcipelago gli operatori locali intendono vendere anche molti prodotti made in Italy: si aprono così significative opportunità di business per le pmi italiane che potranno aumentare la produzione e incrementare quindi il fatturato, con ricadute positive anche per l’occupazione. Solo per l’approvvigionamento iniziale degli shopping center è stimabile un giro d’affari per le aziende italiane coinvolte nell’iniziativa, in termini di nuovi ordinativi, superiore a 10 milioni di euro, destinati a crescere e a incrementare il fatturato dell’export del nostro Paese.
Il viaggio nel made in Italy è stato curato dal responsabile del Dipartimento estero di Unimpresa, Paolo Giraud, che a dicembre aveva coordinato la missione di Unimpresa in visita ad Hainan: in quell’occasione erano stati avviati i contatti con le istituzioni locali e sottoscritti gli accordi di collaborazione. Sono sette le regioni italiane scelte per questo tour a cui potranno seguirne altri nei prossimi mesi: Piemonte, Campania, Abruzzo, Marche, Toscana, Emilia Romagna e Lazio.
Queste le principali aziende visitate nel corso dei 10 giorni dal Nord al Sud dell’Italia: Texno Profile (Piemonte), Antiche tradizioni di Gragnano, Sorrentino Vini, Vincent Trade, Harmont & Blaine, Maffei Collezioni (Campania), Teleria Zed, Wampum, Fagi Abbigliamento (Abruzzo), Dino Bigioni, Blue Star, Luca Guerrini, Doucal’s, Fabi Shoes, Via Pisa 28, Valentino Orlandi (Marche), CapalBio (Toscana), Gilmar, Pierantonio Gaspari (Emilia Romagna), Luxury Fashion, Pierre Courgè, High Quality Italy, List Fashion, David Naman Mayer (Lazio).
Ci dice il Presidente Unimpresa Longobardi: “PORTIAMO IN ITALIA DENARO PER LA RIPRESA DEL PAESE”
“Siamo orgogliosi di questa iniziativa, frutto di un eccellente lavoro di squadra dell’associazione: cerchiamo di dare un aiuto concreto alle nostre pmi, che rappresentano l’ossatura dell’economia italiana, creando un sostegno alla ripresa con la speranza di realizzare anche nuova occupazione” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Finora abbiamo assistito, con la delocalizzazione, a imprese italiane che sono andate in Cina, o più in generale all’estero, a fare investimenti anche per siti produttivi. Stavolta invertiamo la tendenza: con questo progetto portiamo in Italia denaro cinese e si tratta di flussi finanziari che possono creare sviluppo e lavoro dentro i nostri confini” aggiunge Longobardi.
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