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Piante, salute, droghe

del Dottor Giovanni Acampora (giovanni-acampora@virgilio.it) Pediatra-Omeopata

Nella cura delle malattie la medicina naturale è passata attraverso diversi stadi. Nello stadio primitivo l’intuizione aveva condotto i primi uomini ad utilizzare le foglie, le radici ed i germogli di certe piante. Poi, quando la medicina da empirica è divenuta fenomeno speculativo si è sentito il bisogno di combinare insieme le virtù di rimedi diversi. Dal semplice al complesso.

Oggi, dopo che si è assistito all’exploit della chimica e della fisica, si è avuta la tendenza al ritorno al “semplice”. Il semplice per eccellenza è la pianta, o meglio il suo o i suoi principi attivi. 

In un primo tempo le piante sono state un medicamento unico presentate come erano nel “libro aperto della natura”. Si è percepita l’importanza della natura, soprattutto quando le si è riconosciuta la prerogativa di riserva di materie prime. L’estrazione del principio attivo ha rappresentato uno sforzo legato ad esigenze pratiche. Si è poi stati tentati di copiare il principio attivo per farne un altro simile, ma con qualche variazione. La chimica ha realizzato il miracolo della copia fedele, disponibile sempre ed a un prezzo ridotto. Mai una vitamina C chimica avrà il potere di una vitamina C naturale (Rosa Canina, Acerola..), perché in natura oltre la vitamina sono presenti co-fattori vitaminici che ne potenziano l’effetto.

E così le abitudini voluttuarie. I Cinesi, nel secolo scorso, fumavano l’oppio, a piccole dosi, e ne traevano un benefico piacere (piccole dosi stimolano, dosi medie regolano, grosse dosi annullano).

Oggi i tossicomani sono le vittime del progresso chimico perché si avvelenano coi derivati super attivati dell’oppio e non solo. Ne fanno un uso brutale e pericoloso. Per superare lo sconforto, l’eccessivo nervosismo, la mancanza di energia o i nostri complessi, per darci un contegno, per superare la debolezza mentale, ci siamo rivolti a quelli che affettuosamente sono definiti ”piccoli piaceri”:  fumare, prendere un bicchierino, prendere una pillola, farsi un’iniezione. Annegano i loro dolori, così come la loro lucidità, tra le braccia di queste droghe. In qualsiasi momento possono contare su questi “amici sicuri”. Al momento se ne ricava una certa soddisfazione.

Allora perché non continuare? E se, dopo tutto, questo fosse il solo modo di addolcire la nostra triste condizione di esseri umani? Ma un bel giorno, con un minimo di realismo, ci si rende conto di essere in “trappola”: i “piccoli piaceri” si sono trasformati in ossessioni, sono diventati nocivi, per noi e per gli altri; i nostri strumenti di “consolazione” ci portano alla distruzione, sia fisica che mentale. Siamo diventati dipendenti dalle nostre cattive abitudini.

Per guarire bisogna interrompere lo schema che ti limita. Spezzare “la presa” che l’abitudine ha su di te. Creare una nuova alternativa di forza esistenziale. Non si può abbandonare un’abitudine così facilmente:  devi sostituirla. La vita è tua non sprecarla.

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